mercoledì 29 settembre 2010

Pubblicità autoreferenziale

L'azienda si presenta al mondo mediante la pubblicità. Al giorno d'oggi la pubblicità ha perso, salvo rari casi, il suo valore informativo prediligendo l'aspetto emotivo. Deve far leva sui sentimenti piuttosto che sulle caratteristiche del prodotto/servizio.
La pubblicità diventa "emozionale", si raccontano storie, si creano atmosfere suggestive, si presentano situazioni divertenti. Sempre più spesso, la base su cui si raccontano queste storie, è l'autoreferenzialità. La pubblicità parla della pubblicità, cita stessa e, se ha successo, viene citata a sua volta.
In generale è però più corretto parlare di autoreferenzialità in un'ottica più ampia, riferendola cioè a tutti i media.
La pubblicità infatti attinge a piene mani dal cinema, dal web, dalla televisione, dalla musica.
McLuhan, il grande sociologo canadese, ha teorizzato il fenomeno della "rimediazione". Secondo questo principio, ogni nuovo media contiene quello precedente, ad esempio il cinema rimedia il teatro, la televisione il cinema e così via. Ma ai suoi tempi non esisteva ancora il web... oggi possiamo affermare che i nuovi media (come il web) contengono tutti i media: televisione, cinema, radio... (you tube). 
Ogni nuovo media ha bisogno di un nuovo linguaggio che non sostituisce, ma integra, il linguaggio precedente. Per non soccombere ai nuovi anche i media precedenti devono modificare il proprio linguaggio adattandolo al nuovo. Oggi il telegiornale trasmesso in televisione presenta molte caratteristiche tipiche dello stile di comunicazione del web. Barre con scorrimento titoli, finestre con l'ultima news, possibilità di interagire mediante il telecomando scegliendo via via l'opzione più adatta. Il telecomando cerca di "rimediare" il mouse.
Per capire come un nuovo media abbia bisogno di un nuovo linguaggio basti pensare alla comunicazione attraverso le chat. Questo tipo di scambio, basato sulla rapidità e dall'uso costante di abbreviazioni, risultava ambiguo e poco efficace. Vista l'impossibilità di comunicare in maniera efficace le emozioni, gli utenti hanno creato nuove modalità espressive. Ed ecco nascere le emoticons, abbreviazioni iconiche, capaci di rappresentare in modo immediato gli stati d'animo dei protagonisti della comunicazione.


lunedì 27 settembre 2010

Immagine aziendale e identità visiva.

Immagine aziendale e identità visiva vengono spesso usati come sinonimi.
Anche molti "addetti ai lavori" hanno difficoltà a separare una locuzione dall'altra. Le aziende, direttori marketing o imprenditori, difficilmente faranno caso all'uso dell'una piuttosto che dell'altra.

Va da sé che un professionista che operi nell'ambito della comunicazione dovrebbe avere ben chiara la differenza. 

Per immagine aziendale possiamo intendere la percezione che il pubblico ha di una certa impresa. Questa percezione può essere positiva, negativa o addirittura nulla. Il lavoro del pubblicitario consiste nel creare, laddove non ci sia, un'immagine e far in modo che questa sia positiva, oppure partire da un'immagine negativa e trasformala in positiva o ancora farla uscire dall'indifferenza generale. L'immagine aziendale viene veicolata al pubblico attraverso i media.
Nell'immaginario associamo all'immagine di Barilla i valori della famiglia, della casa, dell'italianità, del mangiare e vivere sani. Dove c'è barilla, c'è casa.

Per identità aziendale si intende la sommatoria degli elementi oggettivi e tangibili dell'azienda. Ad esempio il marchio, l'immagine coordinata, il lettering, i flyer, il sito web ecc.

Molte aziende avvertono la necessità di darsi una nuova immagine, di avere quindi una nuova veste che le rappresenti più efficacemente nel contesto economico in cui sono inserite. Un'esigenza che nasce il più delle volte da nuovi obbiettivi e strategie di crescita, dall'evidenza dello scarto tra la reale (o ambita) posizione sul mercato e l'immagine con cui l'azienda si presenta. 

Quello che spesso ignorano è che prima dell'immagine è necessario darsi un'identità. 
L'identità aziendale deve trasmettere lo stile, l'affidabilità e le direttrici di sviluppo dell'azienda stessa. L'esperienza quotidiana ci dice che purtroppo questi valori vengono trascurati con un sufficienza addirittura irritante. Imprenditori spesso molto capaci affidano misteriosamente la costruzione della propria identità pubblica a dilettanti o addirittura a figli-parenti-amici che sanno "usare il computer". Ecco perché numerose aziende presentano un'immagine "sotto rappresentata".

Ma anche le aziende che credono nello sviluppo dell'identità e dell'immagine aziendale manca una visione d'insieme della strategia comunicativa. Vuoi per mancanza di fondi, vuoi per mancanza di interesse, spesso per mancanza di interlocutori preparati. L'agenzia di comunicazione deve indirizzare i propri clienti verso la pianificazione. Interventi sporadici, improvvisati, dettati dall'emergenza quotidiana producono un risultato debole o addirittura nullo. Realizzare una bellissima campagna pubblicitaria che non vedrà nessuno produrrà scarsi risultati. In questo caso il fallimento sarà imputabile solo all'agenzia di comunicazione che ha il dovere, per la sua stessa sopravvivenza, di insistere sulla pianificazione. Partire dall'assunto "poco ma subito" non paga e soprattutto induce il cliente ad avere un'immagine negativa dell'agenzia di comunicazione. Il classico autogol.

Come comportarsi se un cliente a cui sono state spiegate per bene queste differenze insiste per la prima soluzione? A questo punto al vecchio motto "lega l'asino dove vuole il padrone" aggiungeremmo, sottovoce per non farci sentire, "è un buon modo per sprecare i vostri soldi".

Lorenzo Saliu