lunedì 1 agosto 2011

Un'altra originale iDea Madre.

La Provincia di Carbonia Iglesias con deliberazione consiliare n° 22 del giorno 8 novembre 2010 ha avviato le procedure per l'adozione dello stemma e del gonfalone.

Iniziativa lodevole ma partita con entrambi i piedi sbagliati. C'è stata infatti un'importante, e per fortuna sacrosanta, modifica in corso d'opera.
Il bando del 12 maggio 2011 firmato dal dirigente Area Generale Dott.sa Anna Maria Congiu prevedeva un'ampia partecipazione popolare alla definizione dello stemma e del gonfalone.
































L'articolo 2 invitava chiunque "avesse interesse" a partecipare al concorso, quindi si presupponeva un esercito di interessati dediti a elaborare proposte creative, gruppi di massaie intente a discutere sullo stemma o impiegati del catasto che nei ritagli di tempo si inventano un bel "simboletto". In "particolar modo" l'invito è rivolto agli studenti e in seconda battuta a grafici, architetti, designers, esperti di araldica e associazioni storico culturali.
Risulta evidente che nel pentolone, non avendo ben chiara quale figura professionale è più adeguata al lavoro in oggetto, ci si è messo un po' di tutto.
Insomma si spera che la ricetta ricca di ingredienti riesca miracolosamente ad accontentare il buongustaio.

Uno sforzo creativo tanto notevole prometteva un adeguato rimborso. Ben 1.000 euro per leccarsi i baffi dopo l'abbuffata di creatività e c'è pure la targa ricordo.





Piatto ricco mi ci ficco






Adesso signori della Provincia dovete dirmi se un professionista serio e competente si mette in gioco e soprattutto perde tempo per 1.000 euro. Non è implicito che di fronte a una cifra ridicola come quella proposta partecipino solamente dilettanti e perditempo? Vi aspettate che i migliori professionisti si mettano in gara con gli studenti del liceo scientifico?

Probabilmente questo messaggio è stato recepito e miracolosamente ma in maniera poco trasparente, la Provincia ha emesso una delibera, protocollo n° 16486 del 22 giugno 2011, che cancella definitivamente il concorso messo in atto precedentemente e cambia il menù.
Non più proposte a ruota libera ma precise indicazioni per focalizzare il lavoro di definizione dello stemma e del gonfalone.

Fin qui tutto bene, la procedura mi sembra più efficace per giungere a un buon risultato finale. Ma come ormai sappiamo la comunicazione è un campo dove chiunque si sente in grado di affermare la sua verità. E fatalmente questi esperti messi di fronte alla realtà dei fatti prendono degli schiaffoni che neanche Bud Spencer quando interpretava Bambino era in grado di sferrare.


Le osservazioni che farò di qui in avanti si riferiscono alla relazione conclusiva del Presidente della Provincia e del Presidente del Consiglio sui lavori conclusivi della commissione stemma. Protocollo n° 16486 del 22 giugno 2011.

La commissione stemma era composta da tre esperti di noto valore culturale che hanno definito l'identificazione di un "simbolo" capace di rappresentare il territorio del sulcis-iglesiente, da tre consiglieri, dal Presidente della Provincia Tore Cherchi e dal Presidente del Consiglio Elio Sundas.

Personalmente ritengo che sia più corretto parlare di "segno" piuttosto che di simbolo. Un simbolo ha un valore evocativo che prescinde dalle intenzioni di chi lo ha creato. La svastica ad esempio deriva dal segno della croce (non cristiana) a cui sono stati aggiunti delle terminazioni uncinate necessarie a dare il senso del movimento. Per noi la svastica è il simbolo dell'orrore del nazismo non, come nelle intenzioni di Hitler, della nascita di un Reich millenario contraddistinto dalla purezza della razza.
La croce diventa il simbolo della cristianità in seguito al martirio di Cristo mentre per i romani non era altro che uno strumento di morte e di tortura.
Per questo trovo sbagliato parlare di "simbolo", lo scopo dovrebbe essere quello di cercare dei segni capaci di rappresentare la nostra cultura e il nostro territorio, ma se quel segno diventerà simbolo non dipenderà certo dalle intenzioni del soggetto proponente.
Queste sono naturalmente mie considerazioni del tutto opinabili ma questa premessa mi è utile per dimostrare, come farò in seguito, che le argomentazioni proposte per la definizione dello stemma della Provincia sono sbagliate.

Come detto la commissione è composta da tre esperti di noto valore culturale: il professor Piero Bartoloni il maggior esperto mondiale di cultura Fenicia, la dott.ssa Paola Atzeni antropologa e curatrice del Museo del Carbone, il dott. Luciano Ottelli geologo e direttore del Parco Geominerario.

La prima impressione è che le competenze ci siano eccome anche se, dato tipicamente sardo, tutti sono in età pensionabile ma come sappiamo in Sardegna vivi di più e le occasioni per i "giovani" arriveranno quando ormai saranno vecchi e quindi degni di essere ascoltati.


Risulta evidente che l'impostazione culturale mi sembra la stessa e che l'identificazione del segno unificante non poteva che essere ricercata nella storia del sulcis. Le figure professionali selezionate hanno sì un valore culturale riconosciuto ma anche incompleto per la definizione di un segno rappresentativo, si ritorna al mio concetto del competente incompetente di cui ho parlato nel post precedente.
Infatti è evidente che nessuna delle tre figure è esperta nella materia più importante quando si vuole parlare di comunicazione: la comunicazione.


Come la storia insegna l'uomo è per sua natura portato a commettere gli stessi errori.


L'errore più grande compiuto dalla commissione è stato quello di non inserire un professionista della comunicazione nel consiglio dei tre saggi in modo da frenarne anzitempo le idee vecchie di millenni che chissà per quale motivo sono sembrate le migliori. Ci voleva infatti un super partes che non indirizzasse la scelta sul proprio ramo di competenza ma che avesse un occhio critico rispetto alla specializzazione di ognuno dei tre esperti.
Ogni esperto della commissione cerca tra ciò che conosce e si indentifica in un segno che riconosce, l'esperto di comunicazione indaga in ogni direzione tra valori ed elementi condivisi e li riassume in un concetto di base.

Proseguendo la lettura della delibera apprendiamo che per decisione presa all'unanimità sarà scelto un solo elemento rappresentativo della cultura, della storia, ecc. L'idea mi piace ma quale sarà questo elemento unificante?

La dott.sa Atzeni ha proposto come "simbolo unificante" la Dea Madre. Stiamo parlando di quelle orribili statuine antropomorfe che, benché abbiano un valore cultuale e storico immenso, da un punto di vista stilistico sono veramente brutte anche perché nel neolitico mancavano i mezzi necessari per dare forma alla pietra.
Quella individuta come rappresentativa della nostra provincia è particolarmente brutta. La scelta è stata fatta dal professor Bartoloni che ha fatto sicuramente considerazioni di carattere storico e non di "immagine".



La nostra Dea Madre




































Chi di noi sulcitani si sente rappresentato da una di queste statuette? Le statuette in questione sono state ritrovate nella grotta di Monte Meana nel comune di Santadi dove oggi la scultura latita ma si produce del buon vino, probabilmente gli antichi artisti erano anche estimatori della bevanda e probabilmente alticci stavano cercando nuove forme per contenere il prezioso liquido.






Bevi Nuragico






































Il dott. Ottelli aveva proposto come simbolo la navicella nuragica. Anche in questo caso appare evidente l'orientamento monotematico incentrato su una ricerca puramente legata alla storia antica.

Ma attenzione, la Commissione ha avuto qualche riserva. Bene direte voi, male dico io. Perché le riserve sono sbagliate e figlie, ahimè, dell'incompetenza in materia.

La prima riserva riguarda la diffusione del simbolo della Dea Madre nel Mediterraneo, in pratica si osserva che di Dee Madri e Veneri ne sono saltate fuori ovunque.
L'obiezione è stata superata con motivazioni risibili: dal momento che sono state trovate nel sulcis statuine di 4.000 anni allora la Dea Madre appartiene alla cultura locale. Inoltre dal momento che nessuna istituzione ha utilizzato questo simbolo allora l'idea è originale (dimostrerò più avanti che anche questo è un presupposto sbagliato).

La seconda riserva è data dal fatto che il simbolo non è immediatamente riconoscibile. Osservazione del tutto inutile. Nessun segno è riconoscibile come simbolo (dovremmo altrimenti bandiere un concorso per un'icona) finché, appunto, non ne assume lo status. Tornando all'esempio della croce, per un pigmeo delle foreste che non ha mai incontrato la civiltà occidentale non è altro che l'insieme di due pezzi di legno sovrapposti. Forse l'obiezione si riferisce al fatto che pochi sanno cosa sia una Dea Madre.

Secondo il mio parere le motivazioni della scelta fatta dal trito... ops lapsus... trio di esperti sono figlie dell'innamoramento all'idea e della mancanza di strumenti di analisi di comunicazione istituzionale: dal momento che l'idea ci piace facciamo di tutto per dimostrare che è quella giusta anche a costo di sbagliare. Questo modo di agire ricorda i tempi in cui gli scienziati seri dovevano salvare i fenomeni mentre quelli eretici dovevano scegliere tra l'abiura o il rogo e qui non si brucia nessuno.

L'originalità dell'idea della Dea Madre assunta come condizione sufficiente per essere il simbolo rappresentativo di un territorio è falsa. Esiste infatti un precedente che ha già dimostrato come i sardi non si riconoscono in quel simbolo.
Naturalmente non è mestiere dell'antropologo o dello storico conoscere i fatti relativi alle storie di marchi e simboli utilizzati in ambito pubblicitario o istituzionale, è compito di quella famosa figura che manca e la cui mancanza pesa.

Ricordiamo infatti che la Regione Sardegna aveva adottato come simbolo unificante di tutti i sardi la Dea Madre, tralascio le enormi polemiche legate a quell'operazione che si sono risolte con la cancellazione di quasi tutte le tracce di quell'avventura. Quindi di base l'originalità di cui si parla nella delibera non c'è.
La responsabilità di un compito così importante fu affidata a uno dei pubblicitari più famosi, Gavino Sanna. Da pubblicitario esperto e capace sapeva che non poteva trarre ispirazione da qualche statuetta fatta con tutte le migliori intenzioni da un artigiano vissuto 4.000 anni fà e mancante sia di mezzi tecnici che di esperienza, ma ha scelto di rappresentare la Dea Madre attraverso le magnifiche ed eleganti opere di uno dei più grandi scultori del novecento, quel Costantino Nivola che ha lasciato la sua impronta non solo nella sua isola ma in tutto il mondo che apprezza l'arte e la sua bellezza.


Gavino Sanna con la sua Dea Madre



















Ecco un estratto, amaro, di un'intervista di Gavino Sanna a proposito del marchio della Dea Madre:
Io tempo fa sono stato chiamato dalla Regione Sardegna a disegnare un marchio che parlasse della Sardegna; la storia è finita nel cestino dei rifiuti, una storia imbarazzante, che non fa onore a chi rappresenta la Sardegna. Comunque al di là di questo, ho disegnato il marchio con un omaggio allo scultore Costantino Nivola, prendendo a prestito una delle sue Madri Mediterranee. Nessuno meglio di una mamma ti può volere bene, accogliere e darti calore: questa è la potenza della nostra terra, una terra che può volerti bene e che ti da tutto quello che ha, tutti i propri tesori fantastici e infatti decisi come pay off  SARDEGNA DEA MADRE e lo trovavo bellissimo per esprimere i valori della Sardegna, però la politica ha altri interessi.”


Ho evidenziato in rosso le poche e bellissime parole che esplicitano l'idea e sono capaci di coinvolgere ed emozionare.
Leggete di seguito le motivazioni proposte dalla commissione ed estratte dalla delibera n° 24 del 27.06.2011 e capirete immediatamente la differenza tra un pubblicitario e un accademico:




"Questo simbolo che appare con la rivoluzione agricola nel suo significato permane nel tempo, se dovessimo rileggerlo con gli occhi di oggi è un simbolo che parla di terra, ecologia, vita e donna un insieme di significati che si racchiudono nella Dea Madre". 
Ecco perché anche nella commissione pian piano avanza questa idea di scegliere la Dea Madre 
come Simbolo perché rievoca il momento fondativo delle comunità nel nostro territorio e per l’idea di terra, vita, prosperità e donna  che parla anche nel presente. 






Quindi se in quest'operazione ha fallito il più grande pubblicitario in comunione con il più grande artista, che senso ha in quest'ottica l'originale proposta della Provincia di Carbonia Iglesias?
Ve lo dico io, nessuna.



Da Nivola a Sanna, dal neolitico a...?














Naturalmente in commissione nessuno ricordava questo precedente altrimenti l'obiezione sarebbe stata messa agli atti. Non lo sapeva di certo lo storico che sa tutto dei fenici ma nulla dei marchi, non lo sapeva l'antropologo che conosce la cultura e le tradizioni ma non come queste vanno comunicate in forma di segno.

Ma chi è chiamato a rappresentare graficamente la sintesi della Dea Madre? Esiste una sola possibilità non ce ne sono altre, bisogna chiamare dei grafici. Ricordiamo che il grafico non è un'artista, è un professionista. Disegnare un marchio o un qualsiasi segno non è frutto del genio o dell'ispirazione del momento, è seguire con precisione un algoritmo che da un principio porta inevitabilmente a una conclusione corretta. La capacità del grafico è quella di interpretare nel miglior modo possibile un tema legandolo al proprio stile e al proprio gusto, ma seguendo delle regole tecniche.



Artisti famosi è il vostro momento


























Nel verbale si indica un fumoso concorso tra artisti di chiara fama, selezionati per invito. La Dea Madre ci scampi da pittori, architetti, scultori vari (nella più ottimistica delle ipotesi) o in caso di piano B che presuppone budget da mille euro, studenti degli istituti d'arte e aventi interesse (la peggiore delle ipotesi).
Perché a questo punto invece della targa ricordo non prepariamo a imitazione del premio Oscar un bel premio Dea madre in salsa sulcitana?



Il premio Dea Madre 




































Bud Spencer riceve la Dea Madre agli schiaffoni


































Esiste anche un vincolo pazzesco che porta inevitabilmente alla certezza del fallimento del progetto Dea Madre.
Gli artisti, che in quanto tali dovrebbero essere liberi di esprimere la loro creatività, devono attenersi alla forma e al colore originaio della statuina, un colore che rimada alla terra.

Nella migliore delle ipotesi assisteremo a un trionfo di bottiglie antropomorfe e nella peggiore, visto che il colore rimanda alla terra ma non solo, a innominabili prodotti che tutti creano ma di cui nessuno parla.
Ma attenzione, nessun problema, anche quella è arte anche se il buon Piero Manzoni aveva l'attenzione e il buon gusto di inscatolarla.