sabato 16 luglio 2011

Formiche, cicale e campagne pubblicitarie.

Che in Sardegna fossimo masochisti lo sapeva, altrimenti non si spiegherebbe il continuo gioco al "massacriamoci" che ogni giorno ripetiamo con l'unico obbiettivo di stare un po' peggio rispetto al giorno prima.

Eppure la nostra regola è semplice e nel suo piccolo geniale: le decisioni importanti per il nostro futuro devono essere prese da persone competenti nel loro ambito ma il più possibile incompetenti nella materia in oggetto. Si tratta di quella che io chiamo la sindrome del competente incompetente.

Una frammento di vita vissuta giusto per capirci. Una Provincia sarda deve munirsi di stemma e gonfalone e si appresta a preparare un bando. La prima cosa che mi è venuta in mente è di propormi, con tanto di curriculum e faccia tosta, per far parte della giuria che dovrà decidere l'elaborato vincente. Alla Provincia mi informano, con molta enfasi, che ci saranno ben tre giurati con cultura di comunicazione riconosciuta (non si capisce da chi e di che tipo di cultura si tratti...) e ben sei politici che sceglieranno gli elaborati vincenti. Vista la mala parata che stava prendendo quell'interessantissimo colloquio con l'alta figura professionale che occupava un ufficio ingombro di Gazzette dello Sport mi sono voluto togliere qualche sassolino dalla scarpa ponendo ben due obiezioni.
Prima obiezione. Perché non potrei essere io uno dei tre esperti? Non mi mancano né la motivazione né i requisiti (né come già detto la faccia tosta).
Seconda obiezione. Perché i tecnici che per titolo riconosciuto sono più competenti possono esprimere un giudizio che vale solo un terzo di quello dei politici meno competenti?
Occhi sgranati, vene gonfie sul collo e risultato facile da immaginare... il sottoscritto è stato messo alla porta con un formidabile e ben augurante "le faremo sapere". A distanza di un anno ancora non ho saputo.

Ma torniamo all'ambito di questo post che non parlerà di politica ma di comunicazione, ossia quella materia di cui tutti sono esperti ma pochi hanno un'idea precisa di cosa sia. E di esperti ne trovo ovunque, al supermercato fanno addirittura il 3x2.

I dati della stagione turistica che secondo i media è appena iniziata sono allarmanti. Meno 25% di arrivi nei principali porti del nord Sardegna che in numeroni fanno 350.000 persone che hanno scelto di non tornare nella nostra isola.
La flotta Sarda* messa su in fretta e furia ha registrato invece un incremento dello 0,7% rispetto agli arrivi dello scorso anno nello stesso periodo (dati di Videolina del 08 luglio 2011).

*A proposito di flotta sarda e identità istituzionale farò uno scoop a fine post.

Che succede? La gente non è più affezionata alla Sardegna? Siamo troppo cari? Oppure non siamo più appetibili agli occhi del turista? Da comunicatore chiaramente propendo per un'analisi del terzo tipo, inteso non come contatto con civiltà aliene ma con turisti ormai più rari dei già rari visitatori intergalattici.
Sia chiaro, l'aumento delle tariffe ha tagliato le gambe a chiunque, molti abitué della Sardegna si sono rifiutati di cedere al ricatto delle compagnie di navigazione e hanno optato per altri lidi, gli operatori turistici hanno spesso giocato al pollo da spennare con tariffe da Porto Cervo anche nei peggiori bar di Giorgino.

La domanda che si pone è <<La Regione ha investito in pubblicità per promuovere la nostra isola urbi et orbi?>> La risposta è <<Certo che si, ha speso quest'anno il classico, bonaventuresco milione (di euro) in pubblicità.

 Il signor Bonaventura con il suo milione del vecchio conio.











Naturalmente mentre il mondo si sta muovendo verso il digitale, i nuovi media e i social network come ci proporremo noi sardi? Da testoni (e masochisti) quali siamo l'unica direzione possibile sembra essere una sola: controcorrente.

Ma vediamo l'immagine principale della campagna pubblicitaria (proposta in due diverse declinazioni) per la promozione della nostra Regione in Italia e all'estero.
L'art direction è dell'agenzia pubblicitaria Republic di Milano mentre le foto sono del sardissimo Antonio Saba.

L'immagine principale della campagna.



















Quando la campagna pubblicitaria fu presentata, in una discussione su Facebook, diedi un parere negativo, anzi sottolineai come l'associazione slogan-visual portasse sfiga.
Fui assalito da decine di internauti che mi davano nell'ordine: del disfattista, dell'incompetente e dell'invidioso. Che dire? Che ognuno ha diritto a esprimere le sue opinioni.

Eppure le premesse per questa campagna parevano buone. Le foto di Ninni Saba uno dei fotografi più apprezzati e conosciuti al mondo (www.antoniosaba.com), l'agenzia di comunicazione Republic (www.republic-adv.ituna garanzia per portfolio e credibilità ma anche per altri motivi appetibili più che altro per gli incompetenti: non è sarda (perché noi sardi non siamo capaci e di solito non abbiamo il fatturato necessario per poter partecipare ai bandi della Regione Sardegna), è di Milano e si sa che i milanesi sono più creativi dei creativi sardi, che però hanno fatto i creativi a Milano.

Quindi tutto bene direte voi? No! Tutto male vi dico io e sapete perché? Perché purtroppo il messaggio era sbagliato. La Republic è un'agenzia con i fiocchi, basta vedere il portfolio clienti, conoscono il mestiere e non fanno false promesse che poi non possono mantenere.

La pagina portfolio dell'agenzia Republic.











Il cliente oggi si aspetta dei risultati immediati, esce l'annuncio stampa oggi e domani vuole aver già recuperato l'investimento, se non ci riesce la colpa è del pubblicitario che non ha elaborato l'idea vincente. Ma l'agenzia avverte, giustamente, che bisogna essere strategici, pensare al futuro senza aspettarsi un pronto rientro di quanto speso in comunicazione. La vecchia storia della formica e della cicala che si ripresenta in chiave più moderna.


La pagina "pensiero" tratta dal sito web.







Quindi la Regione Sardegna è cicala o formica?
La mia tesi che si basa sul primo assunto della pubblicità: ogni messaggio deve contenere la promessa ossia quel qualcosa (bene, servizio, emozione) che soddisfi il bisogno del destinatario.
Nel nostro caso, rivolgendoci a dei futuri turisti, è ovvio che il bisogno da soddisfare è quello della vacanza.

Io sostengo che la promessa contenuta nella campagna della Regione Sardegna non era strutturata per soddisfare il bisogno di vacanza.

Per dimostrare la mia tesi ho copiato, in rosso, la notizia tratta dal sito della Regione Sardegna dove si presenta la campagna di comunicazione.
In blu inserisco le mie dottissime e sindacabili considerazioni.

CAGLIARI 29 APRILE 2010 (Siamo già in ritardo, in questa data chi lavora ha già programmato le ferie e prenotato navi ed aerei) - Domani, venerdì 30 aprile e sabato 1 maggio, prende il via nei principali quotidiani europei la campagna promozionale turistica della Regione Sardegna. Oggi a Cagliari l'assessore Sebastiano Sannitu, con la partecipazione del testimonial, il centenario di Arzana Paolino Scattu, ha presentato l'iniziativa alla stampa.
(Il nostro testimonial, colui che è chiamato a rappresentare la Sardegna, è un centenario. Con tutto il rispetto per il signor Paolino Scattu che tipo di promessa può soddisfare un centenario? Soddisfa quel bisogno di vacanza di cui abbiamo parlato? Qualcuno alla Regione ha pensato che questa fosse una buona idea? Evidentemente si e quindi si torna a bomba al discorso del competente incompetente).
Contemporaneamente su Le Figaro, The Times, Süddeutsche Zeitung, El Pais, Corriere della Sera compariranno in posizioni di rilievo le nuove pagine pubblicitarie curate dall’assessorato del Turismo. Per sette settimane, tutti i sabati di maggio e di giugno, le cinque testate nazionali e internazionali che complessivamente coprono un bacino generalista di 9milioni e 500 mila lettori (Quindi un target differenziatissimo. Si prova a sparare nel mucchio, come quando, parlo da pescatore subacqueo, per l'ingordigia di prendere più pesci di un banco con un colpo solo finisci per non prenderne nemmeno uno) e rappresentano la quasi totalità del mercato di riferimento dell'Isola, ospiteranno le immagini della Sardegna e il messaggio centrato sulla qualità della vita. Il primo quotidiano italiano conterà invece 12 uscite. A questo si sommano le pubblicazioni sui periodici nazionali di grande tiratura, Panorama, Donna moderna, Gente, sulle testate di settore, Bellitalia, Belleuropa, In Viaggio e sull’in-flight, Atmosphere, per un totale di oltre 60 annunci. La campagna ha dei costi contenuti: una media di 16 mila euro a pagina per un milione di investimento complessivo (Ed ecco l'errore strategico... non si può pensare a una visione di lungo periodo investendo sulla carta stampata che "come tutte le più belle cose, dura solo un giorno come le rose". Inoltre non capisco dove siano i costi contenuti... spendere un milione di euro in annunci pubblicitari per una visione di breve periodo non è un costo contenuto è una follia. Sono cosciente che col senno di poi è facile criticare ma pensate a quante belle cose si potevano fare magari sul web, con i social network e non con un milione di euro. Se invece il discorso del lungo periodo e della strategia non è stato messo in conto allora stiamo parlando di soldi gettati al vento che come sappiamo in Sardegna non manca di certo. Il problema che quel giorno soffiava il Libeccio e i soldi si sono distribuiti nell'industrioso nord Italia (vento che soffia da sud-ovest verso nord-est). Ci fosse stata una bella maestralata (che soffia da nord-ovest) in parecchi laggiù in Africa avrebbero festeggiato alla nostra salute).

Il concept (che bella parola... sarebbe l'idea) che sta alla base della campagna rilancia un'immagine di tutti i territori della Sardegna assolutamente non banale, nel contempo ricca di sfumature e con toni eleganti e raffinati...
(A mio avviso invece l'idea è assolutamente banale. La via più facile per rappresentare diverse realtà è quella di "rappresentarle tutte" con il risultano di togliere valore e importanza a ognuna. In pubblicità l'unione fa la forza, quindi bisogna riunire tutte le realtà, trovare dei punti in comune ed elaborare un messaggio univoco. Cosa molto difficile e che richiede impegno e un'ottima conoscenza del prodotto da "vendere".
Per quanto riguarda i toni, definiti eleganti e raffinati, io direi che sono decisamente cupi. Non mi stupirei se dal bosco alle spalle del nonno sbucasse un "mommotti" gerontofilo pronto a ghermire la vittima designata.
Trovo decisamente triste la fotografia della chiesa di campagna su cui incombono pesanti nuvoloni carichi di pioggia, inquietante quella dell'olivo e decisamente poco balneare quella marina che trasmette un'idea di freddo piuttosto che di refrigerio.
Le immagini originali del fotografo, Antonio Saba, interpretano l’idea di una terra dove la vita è migliore. Una vita che in primis dura più lungo, in tutti i sensi. Dall’uomo, all’albero millenario alle antichissime formazioni rocciose del periodo giurassico (In realtà in quel periodo la Sardegna era già vecchia... che poi le rocce abbiano o meno vita è materia per filosofi e non per pubblicitari). Visione che riporta inevitabilmente ad un’elevata e globale qualità dell’esistenza, dell’aria, dell’acqua, dell’ambiente e naturalmente dei prodotti della terra, col vino in evidenza (In questo passaggio mi sembra che abbiano sbagliato isola. Mi viene in mente la mitica isola di Ogigia dove Odisseose la spasso per sette anni con la ninfa Calipso mentre a Itaca si tesseva a fasi alterne. Secondo voi o pubblicitari meneghini se in Sardegna la qualità della vita è tanto alta perché Milano è piena di sardi?).
E poi è una vita che si manifesta in modalità non comuni, sovrapposte alla monotonia quotidiana e soprattutto desiderate dal turista: in relax in riva al mare, in gita a cavallo, in ascensione su una parete di free climbing dietro casa (???), davanti a un panorama mozzafiato. Pertanto il messaggio invita il lettore – turista a godere di simili meraviglie recandosi in una terra dove tutto è “di più”.
(La parte peggiore della campagna è però racchiusa nello slogan: In Sardegna vivi di più.
Lo trovo macchinoso, poco memorizzabile e, secondo me, porta pure rogna.
Questo slogan viene abbinato, nella campagna principale, a un placido centenario che si riposa sotto un albero. Probabilmente i pubblicitari milanesi immaginano che davanti ai nostri ospizi ci siano lunghissime file di turisti estasiati nel veder passare un catetere o una padella da svuotare. Pensate a turisti svedesi ammirati nell'osservare la fila di anziani che ritirano le magre pensioni o a comitive di giapponesi intenti a fotografare gruppi di vecchietti che si godono il bel fresco delle prime ore della sera.

Giapponesi che "immortalano" ottugenari.










In tema di slogan però sappiate che abbiamo fatto di peggio. Quello proposto questo inverno, unito a una grafica da "sagra della Parrocchia del povero e dell'afflitto", è Sardegna, l'isola che danza. Vi risulta che la Sardegna sia in provincia di Santo Domingo o di Cuba? Questo è il livello delle nostre campagne di comunicazione. Vi prego di soffermarvi, in silenzio, sull'immagine scontornata del Boes di Ottana che ci annuncia che Photoshop è morto.

Tutti possono fare i grafici.






Ma continuiamo con la lettura dell'articolo...)
L’intuizione della campagna, così come è stata concepita dall’agenzia Republic nella copy strategy, parte dal presupposto che tantissime persone vivono una vita monotona. Per la maggior parte di queste ogni giorno è uguale all’altro e la possibilità di provare un’esperienza nuova è molto rara (Poveri cari quanta pena). La promessa pertanto è che in Sardegna la vita riserva molto di più (Non è una "promessa" è un'ipotesi). L’argomento di convincimento razionale (reason why) sarà: "Perché ogni giorno è diverso dall’altro; perché la natura, il cibo, le relazioni umane, contribuiscono a creare un ambiente in cui davvero si vive di più. Per questo la vita è più intensa, ma anche più lunga".
Qui mi perdo. Allora la promessa dice: in Sardegna si vive di più (tocco ferro e ne prendo atto, spero sia vero). Quindi un potenziale visitatore che beneficio personale ne può trarre? Quale bisogno soddisfa? La reason-why è la ragione per cui un prodotto è migliore di un altro con cui compete nello stesso mercato, quella proposta nella lettura dell'agenzia non mi soddisfa ed è troppo nebulosa, direi tirata via come si dice in gergo.
Io sostengo che in questa campagna manca la promessa, in Sardegna vivi di più non c'è nulla che possa ancorare il bisogno di vacanza a uno stimolo emozionale latente o esplicito da soddisfare. Se per pubblicizzare un'altra isola scrivessimo a Malta vivi di più cosa cambierebbe? Anche lì hanno la cultura megalitica, del buon vino, tanta storia, paesaggi mozzafiato e qualche centenario da fotografare. Insomma manca l'anima, quel "qualcosa" che è solo nostro e ci differenzia dal resto del mondo. Questo dovrebbe uscire da un briefing di creativi non le solite minestre riscaldate a suon di luoghi comuni e arrampicate sugli specchi "dietro casa" che poi tanto, chi giudica non è in grado di leggere un annuncio pubblicitario. Ed ecco perché parlo di competente incompetente. Mi rifiuto di credere che queste decisioni siano prese da persone poco preparate culturalmente ma è ovvio che non siano esperti in materia di comunicazione pubblicitaria.



Decisamente più soft l'altra declinazione della campagna. I toni sono più caldi e in linea con l'idea di vacanza del turista che sceglie la Sardegna. Il problema è che questo tipo di impostazione è, come già detto, vecchio e le immagini, che da sole varrebbero una campagna, perdono forza e impatto. Anche in discoteca troviamo i revival anni '80 e ci divertiamo un mondo a ballare sciogli le trecce ai cavalli ma se un cantante proponesse oggi quel genere di suono farebbe poca strada in classifica e, come diciamo noi sardi, ne zaccherebbe molta.
Tutto il mio rispetto al testimonial della campagna, quel Paolino Scattu di Gairo che nella sua vita le avrà viste proprio tutte e sarà giustamente orgogliosissimo di essere stato scelto per rappresentare la sua terra.

E adesso dopo il flop ci accorgiamo che la cicala, al contrario di quanto ci ha detto Esopo, continuerà ad attingere alle riserve che noi formiche accatastiamo faticosamente in previsione del lungo inverno che qui, nel paese del sole, non finisce mai.

E alla nostra domanda: <<Oh cicala della Regione mentre tu cantavi di un'isola dove si vive di più, noi abbiamo lavorato duramente per risparmiare, come faremo a tirare avanti?>> ci sentiremo rispondere <<Oh mie formiche, questa è l'isola che danza... allora ballate>>.

P.S. Il post è finito ma io vi avevo promesso uno scoop a proposito della flotta regionale. Non voglio commentare qui gli annunci stampa con la barca di carta (che tutti sanno essere un materiale notoriamente inaffondabile), ma la decorazione grafica delle navi: Scintu e Dimonios (i miei complimenti sinceri a chi ha scelto i nomi, bellissimi).

Bisogna sapere che il logotipo della regione Sardegna, pagato con soldi di noi formiche, era corredato di un utilissimo e costosissimo manuale d'uso del marchio detto in gergo Bibbia. La "Bibbia" serve per mostrare il corretto posizionamento e uso del logotipo ma soprattutto a evitare che la fantasia dell'operatore grafico di turno possa fare disastri. Quindi un manuale talmente prezioso e utile da risultare quasi religioso. Manuale facilmente scaricabile da Internet e quindi non rinchiuso nel caveau di qualche banca in Svizzera.
Allego di seguito la pagina che mostra come utilizzare il logotipo in presenza di fondi di colore.













Come si vede non è previsto l'uso su fondo colorato ma solo su fondo nero. Lo scopo, evidente, è quello di non compromettere la leggibilità del logotipo. In nessun caso si prevede un bordo bianco (outline) per "cercare" di ovviare al problema della visibilità su fondo colorato.
Guardate l'immagine successiva e ditemi se per la decorazione dello scafo delle navi sarde qualcuno si è preso la briga di consultare il manuale d'uso del marchio.









Il risultato è evidente... un pasticcio illegibile. Per  i costi dell'operazione decorazione si sono espresse voci più autorevoli. Mi limito tristemente a prendere coscienza di essere formica.