martedì 1 ottobre 2013

Barracciu, una campagna per il popolo BUE.


N.B. Ho deciso di pubblicare questo post dopo le primarie del 29 settembre perché non ho voluto sostenere, sia pure indirettamente, nessuno dei candidati.

In questi caldi giorni di fine settembre mi aggiravo ramingo per le vie di una Cagliari tirata a lucido per l'imminenete arrivo di Papa Francesco.
Ad un certo punto, schivando l'ennesima cacca di un cane irrispettoso delle leggi sia terrene che divine, venivo attirato da un bel poster di Daniela Santachè
Qualcosa però non torna. Malgrado miopia, astigmatismo e senilità precoce ci sono troppi elementi che non collimano con le mie credenze acquisite in anni di esposizione forzata ai media.

Il colore dominante del poster è il rosso, tonalità cromatica non certo adatta al partito in cui milita il personaggio in questione. La scritta obliqua, quasi a scivolar via di lato, mal si attaglia a un carattere forte e rissoso come quelllo della pitonessa del centrodestra.

Ma è ancor più strano che una persona attenta al look (non certo all'etichetta) come la Santachè possa sfoggiare in un manifesto così importante una foto di qualità così scadente.

Inforcati un paio di occhiali con lenti spesse un palmo mi si palesa l'impalesabile, mi si manifesta l'immanifestabile, mi si evidenzia l'inevidenziabile.

La persona raffigurata non è infatti una Santachè d'importazione ma l'autoctona Francesca Barracciu candidata Presidente della Regione Sardegna tra le file del centro sinistra.

Come da prassi del mio inutile blog non commento né i programmi né le motivazioni che spingono i vari candidati ad afferrare la poltrona di governatore ma mi limito, con poca modestia e molta presunzione, a fare un'analisi dell'immagine della campagna elettorale cercando di evidenziarne pregi ma soprattutto difetti (il che è più divertente e sicuramente più interessante per chi avrà la compiacenza di leggere queste righe malandate).




Iniziamo dalla già citata foto. Il fatto che in questa immagine la dottoressa Barracciu assomigli alla signora Santachè apre un mondo di battute e doppi sensi che non sarebbe nel mio stile non approfondire.






Ma prima delle cose maliziose spiegate in modo malizioso vorrei parlare dell'impaginato.

Articolo uno del codice di comunicazione visiva Vasari-Motta*:
I testi maiuscoli sono testi gridati. Ovvero se scriviamo in maiuscolo il lettore deve recepire il messaggio come se fosse letto a voce alta, con stile autoritario e imperioso. Si urla per rimproverare, per ammonire, per ordinare.

Tutti i testi del manifesto sono maiuscoli.

Un altro fattore dell'elemento testuale che mi lascia perplesso è rappresentato dalla loro inclinazione. Questi appaiono ruotati quel tanto che basta per disorientare il lettore che si chiede: ma è storto il manifesto o sono storto io? 

L'articolo due del codice di comunicazione visiva Vasari-Motta afferma: Un testo inclinato deve essere giustificato dalla presenza di elementi che ne reggano e ne giustiufichino la pendenza altrimenti il messaggio apparirà debole, che poggia su basi incerte e talmente precarie da rischiare di rovinare fuori dal foglio.

*Ci tengo a sottolineare, per i soliti precisini, che gli articoli del codice di comunicazione visiva Vasari-Motta sono solo due e sono stati entrambi scritti da me poche righe fa.

Lo slogan scelto dalla candidata per questa campagna elettorale è un beneaugurante "così vince la Sardegna" ed è associato al visual di cui abbiamo già parlato e di cui parleremo più diffusamente in seguito (il dolce, come sempre, va servito alla fine del pasto).

COSì VINCE LA SARDEGNA

Leggendo questo slogan, il popolo bue si chiede: Così vince la Sardegna, ma così come? Con la giacca blu e lo sguardo da gatta morta? Questo slogan non ha un'identità ben precisa, non connota, non distingue.

Direi che è quasi un bello senz'anima. Un esercizio linguistico privo di un significato che vada oltre quello letterale.
Lo stesso slogan sul manifesto di Ganau avrebbe avuto la stessa valenza.

Lo slogan, in quest'ottica, presuppone fiducia incondizionata nel leader che con la sua sola presenza fisica potrà assicurare benessere e soprattutto vincite per tutti i sardi. Il sospetto è che a vincere, come al solito, sia solo chi vince, quasi a dire: vinciamo tutti ma incasso io (e gli amici miei).

A supporto di questa tesi ecco che spunta nella pagina di Facebook della dottoresa Barracciu un bel post del segretario Epifani lesto a salire sul carro del vincitore con un'affermazione intelligentissima "Francesca Barracciu può dare un futuro diverso alla Sardegna".
Da buon politico non dice se il futuro sarà positivo o negativo.

La Barracciu ringrazia.


Detto questo torniamo allo slogan. Quello che proprio non mi va giù non è tanto tanto l'ambiguità dello stesso e la sua sostanziale vuotezza, ma bensì le basi su cui si poggia.

Affermare "Così vince la Sardegna" presuppone che le risorse sarde vengano esaltate e sfruttate per il bene comune.

C'è da tappare un buco in una strada? Chiamo l'operaio di Fordongianus, così vince la Sardegna.
C'è da rattoppare la giacca logora di Cappellacci? Chiamo un sarto di Villaputzu, così vince la Sardegna.

Se invece, per rattoppare strade e giacche, ci rivolgiamo alle pur valide maestranze oltremare mi pare che la Sardegna abbia poco da vincere.

Voi direte, questo che c'entra? Io vi rispondo che c'entra eccome. 

Dovete sapere che la campagna elettorale della Barracciu "così vince la Sardegna" è stata partorita oltremare.
L'agenzia che la firma è infatti la Proforma di Bari che ha seguito le campagne elettorali di molti esponenti del PD nazionale a partire da Vendola.


Ecco la pagina di Facebook della Proforma con la campagna della Barracciu. Alla grande.

Appare evidente che la fiducia nelle professionalità sarde nel settore della comunicazione è talmente bassa che ha preferito rivolgersi altrove. 

Se da Governatore continuerà su questo passo a noi sardi non resterà altro che metterci l'anello al naso e genufletterci adoranti di fronte agli Dei provenienti dal continente e capaci di offrirci (a caro prezzo) oggetti magici come specchietti e perline colorate. E tutti a dire grazie.

A sostenere questa tesi c'è il fatto che se la Proforma cura tutta la strategia di comunicazione (ovvio, mica esistono strateghi sardi) esiste uno studio sardo che svolge il lavoro sporco eseguendo gli ordini impartiti dall'alto.
La solita vecchia storia... i soldi veri li spostiamo in continente mentre le briciole ritornano in Sardegna sotto forma di elemosina (però state sereni, oh lettori, perché anche in questo caso piove sul bagnato).

Voi che avete la coda di paglia direte, "Nel mercato globale è giusto mettersi in gioco alla pari degli altri!". 

Vi rispondo che qui in Sardegna non saremo mai alla pari con gli altri perché non sardi siamo i primi a non dare fiducia a noi stessi.
Vi pare che Vendola verrebbe mai a cercare un'agenzia di comunicazione in Sardegna? Vendola ha preferito puntare sulla sua regione, la Puglia, affidandosi ad un'agenzia che ha avuto la possibilità di crescere e fare cose importanti. 

Vi rispondo che quando la nostra classe politica, di cui la Barracciu evidentemente fa parte, imparerà a riconoscere le professionalità senza badare a parentele e amicizie convenienti, sarà allora che la Sardegna potrà vincere.

Lo slogan Così vince la Sardegna con queste premesse suona come l'ennesima presa in giro, come la premessa di un ulteriore impoverimento della nostra isola.

Se poi, ma spero che non sia così, la Barracciu non ha creduto nelle possibilità offerte dalle agenzie della Sardegna allora il problema è un altro, ben più grave ed è tutto suo. In questo caso la Barracciu non potrà mai essere un buon rappresentante per la Sardegna.

Torniamo però alla fredda analisi della campagna. Come nei più bei film western degli anni '40 gli indiani (nel nostro caso i sardi) sono rappresentati come esseri privi di cervello e, tendenzialmente, degli sfaticati buoni a nulla.
Tale genia degenerata può essere facilmente controllata investendola di messaggi infarciti di mirabolanti promesse iperrealistiche e iperboliche.

Numeri sparati letteralmente "a cazzo" in modo da confondere e irretire il popolo bue (di cui umilmente faccio parte).

Che ci piaccia o no (anche per voi elettori del PD), questa è la strategia adottata. Alle primarie ha funzionato ma, a onor del vero, la Barracciu correva da sola. A parte qualche strumento di comunicazione prodotto da Ganau gli altri candidati si sono rifugiati nell'illusione che una campagna in rete potesse avere qualche speranza di incidere sull'intenzione di voto.

Sostengo che una contro-campagna ben organizzata avrebbe avuto gioco facile a smontare le assurde tesi della campagna della Barracciu (conosco qualche agenzia continentale che ne avrebbe organizzato di efficacissime...).

Ma torniamo ai messaggi della campagna elettorale.

Come dicevo è stata strutturata per confondere il decerebrato medio che nelle intenzioni di questa campagna rappresenta il target a cui rivolgersi.
(Attenzione, questa parte è molto importante perché dietro ogni campagna di comunicazione c'è sempre una riunione a tavolino in cui il committente e l'agenzia individuano il target, ovvero la tipologia di elettore medio a cui rivolgere la comunicazione).

Ma come si fa a capire se ci stiamo rivolgendo a un pubblico pensante o a una massa di ignoranti? 

Le varie declinazioni della campagna elettorale si basano su una serie di manifesti che riportano tre elementi costanti: il volto della candidata, un numero, un testo di spiegazione.

Il numero è scritto molto in grande mentre i testi di spiegazione sono molto piccoli, praticamente illegibili. Non è un caso ovviamente, si è ritenuto che oltre il numero la lettura fosse già faticosa e superflua.

Nell'immaginario collettivo del politico e del pubblicitario medio il popolo non ha né la voglia né la capacità di capire. 

Se invece vogliamo comprendere meglio quello di cui stiamo parlando ecco alcuni di questi messaggi:

Il primo è meraviglioso:


+250 i milioni di investimenti aggiuntivi in ricerca e innovazione per rendere competitive le nostre imprese.

Infatti il primo passo che ha fatto è stato quello di portare le prime risorse economiche fuori dalla Sardegna.

Il secondo vorrebbe stupire con effetti speciali:

500 megawatt, le rinnovabili al servizio delle piccole imprese...

Sembra un numero iperbolico ma non basta per stupici! è risaputo che servono almeno 1,21 gigawatt di potenza per poter fare il salto nel futuro grazie al flusso canalizzatore installato nella DeLorean del Prof. Emmett Brown. Cosa volete che siano 500 megawatt.



Il Professor Brown e la dottoressa Barracciu provano la macchina del tempo.

Il terzo affascina:


ZERO burocrazia e tempi di attesa...

Probabilmente eliminando i servizi.

Il quarto esalta:



1.1 MILIARDI
600 milioni dalla vertenza entrate e 500 milioni dal taglio degli sprechi per ridurre le imposte e migliorare i servizi a cittadini e imprese.

E "sti cazzi" dove li mettiamo?


Lo schema è quindi molto semplice, direi banale.
- Un numero iperbolico che non significa nulla e non è verificabile.
- Una frase di accompagnamento che cavalca qualche luogo comune.
-Il volto della candidata che supporta il messaggio.

Ecco fatta una campagna a misura di imbecille, tutta per noi.

Mi pare, facendo un facile e stucchevole gioco di parole, che la Barracciu in questa campagna elettorale abbia dato letteralmente i numeri e sono cosidetti numeri sparati ad minchiam cioè non supportati da fatti e argomentazioni credibili. 

Faccio notare che in questa campagna si è scelto il risparmio, non certo in termini di risorse economiche investite, ma bensì sui segni di interpunzione. Nei testi di spiegazione alla fine dei vari periodi mancano i punti fermi.

Non comprendo scelte stilistiche che aggirano la grammatica italiana specie se tra le tante declinazioni c'è anche quella rivolta a raddoppiare il numero dei laureati.



Tra i tanti numeri manca però quello relativo all'abbassamento degli stipendi dei consiglieri regionali e dei costi della politica.

Quelli il popolo bue li avrebbe capiti e poi li avrebbe pretesi.

  

Di seguito una serie di possibili declinazioni della campagna elettorale con numeri più facilmente comprensibili.





Dove aver esaminato i testi direi di passare all'immagine. Immagine che ha fatto infuriare tutti i fotografi professionisti con cui mi sono confrontato e considerata un autentico schiaffo alla categoria. 



Questa foto con quell'espressione maliziosa, con quel labbro languidamente ammiccante, con lo sguardo fisso quasi a dirci "ti corico" (per dirla alla sarda) presenta molte magagne.

La fotografia è tecnicamente piatta, impersonale e priva di contrasti. 
Le fotografie all'occhio di un professionista rivelano un mondo, il mondo che c'è dietro all'obiettivo del fotografo.

Questa foto ci racconta due cose fondamentali:

La prima è che chi l'ha scattata non è riuscito a cogliere la determinazione e la forza che nelle intenzioni avrebbe dovuto trasparire dall'immagine. Chi ha scattato la foto mi sembra più focalizzato sulla presente Signora che sulla futura Presidente, ma è una mia impressione.

Per capire quanto sia importante l'aspetto fotografico in una campagna elettorale basta guardare l'immagine immediatamente sotto.

Si riferisce alla campagna per le comunali di Cagliari (vinte poi da Massimo Zedda) e ritrae il candidato Massimo Fantola

La prima è una foto amatoriale utilizzata nella prima parte della campagna elettorale, la seconda è una foto professionale scattata negli ultimi giorni prima delle votazioni.
Voi a chi dareste il voto dovendo scegliere tra le due immagini?






Per commentare invece lo stile mi sono rivolto a un fotografo (che preferisco rimanga anonimo) specializzato nella fotografia di moda, ben più esperto di me nel cogliere dettagli importanti che sfuggono all'occhio (ma non alla percezione) del profano.


In un ritratto a mezzo busto se decidi di far entrare in scena le mani (che in un ritratto hanno un impatto enorme) lo fai nel migliore dei modi possibili: non sezionandole.
(Lasciamo da parte le disquisizioni sulla prossemica, mani in atteggiamento di chiusura o di apertura. Ritengo che una persona che non faccia la modella di professione abbia il diritto di farsi fotografare nella posizione che ritiene più comoda e rilassata).

La magliettina bianca sotto la giacca blu è assolutamente OUT, meglio lasciar la pelle nuda. Quindi, bene il blazer blu, ma a contatto con la pelle senza elementi di disturbo intermedi. Un contrasto decisamente più femminile ed elegante, anche in una posa come questa.
Sulle luci avrei scelto qualcosa di più incisivo e tridimensionale con un uso calibrato di luci e ombre con ritratto a tre quarti.
Va notato che ogni sessione di ritratto commerciale merita la cura di un esperto Hair Stylist e un buon make-up artist.
La pelle dovrà apparire luminosa e fresca. Lo sguardo, che nel ritratto è tutto, dovrà essere sottolineato e valorizzato dal truccatore anche, all’occorrenza, con la copertura delle occhiaie.
Il capello curato - anche quando si tratta di un effetto spettinato come in questo caso -merita attenzione. Mondandolo anche da imperfezioni geometriche che rendano la lettura del ritratto disturbata e non armoniosa agli occhi dello spettatore (aggiungerei che in questa foto i capelli sembrano sporchi).



Il realismo, a mio avviso, è il peggior difetto di questa foto. Qui, la Barracciu non sembra la Baracciu ma scusando il termine la sorella abbagassata (latinismo sardo).


Se lo scopo è quello puntare sulla seduzione mi pare che il risultato sia buono, non ottimo però... c'è ancora molta strada da fare prima di raggiungere i livelli della Santachè.

Quindi avremo anche noi una Presidente pitonessa? O ancora, visto che sta muovendo i primi passi verso una svolta sexy della propria carriera politica, una futura Presidente Biscessa. Ma a pensarci bene l'appellativo Biscessa di Sorgono non sembra rendere giustizia a una bella donna come Francesca Barracciu.

Per chiudere il discorso vorrei ricollegarmi ai temi papali dell'inizio del post: il piccolo crocefisso sull'ampia scollatura necessario per ancorare la propria immagine di donna a quella di credente (ricordo a tutti che la campagna è stata affissa, come da strategia, proprio nei giorni immediatamente precedenti l'arrivo del Santo Padre).

Direi quindi, per concludere, che Francesca Barracciu fa le fusa e graffia come una gatta, è una donna, è una santa ma non ancora una... Santachè.

Chiudo con la certezza che se anche la carriera politica non dovesse seguire il corso sperato c'è sempre un posto per lei a Canale 5 dove potrebbe far coppia con un'altra sua sosia, la giornalista Elena Guarnieri, manca solo un po' di trucco e... si vede.














venerdì 27 gennaio 2012

Partito Democratico in salsa tonnata.

Il Partito Democratico per tesserare nuovi simpatizzanti e svecchiare la sua immagine ha deciso di puntare su una campagna virale nelle intenzioni ma virulenta nei risultati.

Dal momento che per ovvi motivi (leggi leadership) non si può ringiovanire il partito, si cerca di rinnovare l'immagine in modo che sembri, non che sia, un partito moderno e
al passo con i tempi.

Prima di iniziare voglio premettere che, capaci o incapaci, i pubblicitari traducono in un testo (pubblicitario) il messaggio che il politico vuole trasmettere agli elettori.

La strada scelta dal PD per la propria promozione è tra quelle più pericolose e le cui probabilità di insuccesso sono talmente alte da averne la quasi certezza.
Si cerca di fare marketing virale, lanciare dei messaggi ambigui in modo da suscitare l'interesse delle persone che, incuriosite, dovrebbero scoprire chi è l'emittente e in seguito, conquistati dall'operazione, riproporre urbi et orbi lo stesso messaggio.

Il problema però sta nel fatto che la campagna è nata sotto il segno dell'abuso o meglio dell'abusivismo. Infatti i primi manifesti distribuiti a Roma (non so se anche in altre città) hanno suscitato l'indignazione dell'opinione pubblica in quanto affissi illegalmente su tutte le superfici disponibili.

In questa fase, denominata in gergo teaser, i manifesti erano come quello proposto di seguito: un fumettone con scritto Conosci Eva, Conosci Farouk ecc...






















Lo scopo era quello di indirizzare gli incuriositi a cliccare il "mi piace" della pagina creata appositamente su Facebook.

Lo scempio paesaggistico però aveva già irritato alcuni dirigenti del PD del Lazio che avevano preso subito le distanze dall'iniziativa attraverso post su Facebook poi ripresi e diffusi da media come Repubblica e Sky.





La pagina di Facebook chiamata Conosci i miei al momento dell'articolo su Repubblica (16 gennaio) contava poche decine di "mi piace", perlopiù di insulti. Insomma un clamoroso flop.

Se fossi stato al posto del pubblicitario che ha ideato la campagna avrei consigliato a Bersani di prenderne le distanze in modo da cercare di salvare il salvabile.

Ma Bersani, perdonatemi il confronto, al contrario di uomini di ben altra pasta, da buon capitano preferisce affondare con la nave ma lo fa ancora prima di levare le ancore.















L'unica cosa chiara a questo punto è che la questa campagna è nata male, senza una sufficiente programmazione e senza una strategia ben precisa.

Personalmente ritengo che non sia stata sviluppata da pubblicitari ma probabilmente da facenti funzioni, ovvero quella categoria di persone che pur non avendo né titoli né esperienza svolgono incarichi ben al di sopra delle loro capacità, con i risultati che conosciamo.

I facenti funzione sono un'invenzione tipica delle istituzioni pubbliche come ministeri, regioni, province o comuni. Sono riconoscibili frontalmente per la faccia tosta e posteriormente per l'impronta della scarpa ancora ben stampata nel sedere.

Mi sono chiesto come far capire a chi non è addetto ai lavori il modo in cui deve funzionare una strategia complessa come quella legata a una campagna pubblicitaria nazionale estremamente segmentata e con influenze da molti fronti, interni ed esterni. L'unico modo è semplificare.

Per sfoggiare la mia passione per il mare e ribadire origini carlofortine voglio paragonare la campagna di comunicazione alla pesca, in particolare quella del tonno.

Vediamo come grazie allo schema della tonnara riportato di seguito.

















Il tonno si pesca con un sistema di reti e ancore complesso e molto antico: la tonnara. Ogni elemento è sistemato con un unico scopo, portare il pesce nell'ultima rete chiamata per ovvi motivi camera della morte. L'elemento principale della tonnara è la coda, una lunga parete di rete che dalla costa arriva fino al mare aperto. Serve a sbarrare la strada al tonno e a indirizzarlo verso le camere destinate a contenere gli animali catturati fino al momento della pesca vera e propria.
Se la coda è sistemata male non si prenderanno pesci e tutto il lavoro fatto fino a quel momento si rivelerà inutile. A capo di tutto, responsabile di ogni decisione, c'è il Rais.
Per diventare Rais non servono raccomandazioni, serve esperienza e polso.
Ok ma che c'entra con la pubblicità?



















Immaginiamo che la coda sia rappresentata dalla campagna pubblicitaria che ha lo scopo di incanalare i potenziali tesserati sulla prima camera (la pagina Facebook). Attraverso le discussioni sul social network l'utente è pronto per il passo successivo, entrare nella camera della morte e quindi arrivare al tesseramento (il paragone tesseramento-morte è puramente casuale per chi crede al caso).
Essendo in epoca 2.0 i nostri tonni-tesserandi sono più evoluti dei loro amici pinnuti ed emettono un richiamo in tonnesco per attirare nuovi potenziali iscritti ampliando a dismisura la coda.

Ma in questa campagna come abbiamo già detto non c'è un Rais ma un facente funzione Rais. La pesca si è rivelata quindi un fallimento. Sulla pagina Facebook a cui rimanda la campagna figurano pochissimi tonni... ops pochissimi contatti.


Il giorno stesso in cui leggo l'articolo su Repubblica entro su Facebook e clicco "mi piace". Sono il 275°... ciò significa che praticamente nessuno è rimasto colpito dal messaggio proposto.

Una campagna nazionale focalizzata su Facebook che malgrado il "passaggio" su Repubblica (ma anche altri siti) ha in quel momento meno di 300 contatti.

Da una lettura più approfondita dei commenti appare chiaro che gran parte di "mipiacisti" sono "insultatori".















































































Rimanendo in tema di pesca è come se i tonni entrino volontariamente dentro la rete per dileggiare i pescatori senza il benché minimo rischio di rimanere intrappolati.

















C'è anche qualche timido messaggio di supporters chiaramente molto vicini allo staff. Sono post finti come quelli che qualche albergo inserisce su TripAdvisor per arginare le critiche dei vari ospiti scontenti.
Gli amministratori, non sapendo quali pesci pigliare, si affannano a spiegare i motivi della campagna e del perché non è stata capita di fatto attestandone ufficialmente la morte.

Ad oggi, 27 gennaio 2012, la pagina Conosci i miei ha un totale ridicolo di 5.660 mi piace, mentre il numero delle condivisioni è altissimo, 5.389.
La pagina personale di Pierluigi Bersani, benché gestita in maniera becera (piena di insulti), conta più di 69.278 iscritti ma solo poco meno di 2.000 condivisioni.
Come si spiega questa forbice? Facile, i detrattori hanno ripostato le critiche più feroci andando ad indebolire un messaggio già fiacco (su questo aspetto Luigi Vargiu potrebbe essere più preciso).




























A complicare una faccenda già complicata sono intervenuti i soliti entusiasti che privi di mezzi, capacità e visione si sono inventati una pagina parallela chiamata "ti presento i nostri".

In pratica si tratta di una pagina attraverso la quale gli iscritti inviano delle foto orrende, dei testi stupidi e i cui amministratori, privi di capacità grafica e gusto, realizzano una pagina pubblicitaria amatoriale e la postano su Facebook.

La nascita di questo gruppo nelle intenzioni vuole essere come un upgrade di reti per allungare la famosa "coda" di cui abbiamo già parlato. Ecco come gli amministratori presentano il gruppo:

Questa non è una pagina ufficiale del P.D. Appoggia l'iniziativa "Ti presento i miei" per il tesseramento al PD.
Con la campagna "Ti presento i miei" il Partito Democratico ha affidato all'immagine di alcuni suoi iscritti il ruolo di "testimonial" per il tesseramento 2012.
Alcune persone non hanno apprezzato questa iniziativa. Noi invece ci siamo limitati ad appoggiarla e sostenerla, mettendoci ... la nostra faccia.
La faccia di persone che, senza secondi fini, hanno deciso di iscriversi al partito per partecipare più direttamente alla vita democratica del nostro paese.

Che teneri, sembrano boy scout, ma anche in questo caso i riscontri sono bassissimi: 647 mi piace.
Visti i numeri non ci sarebbero gli estremi per ammonire questi sprovveduti se non ci fosse il fatto, grave, che condividono queste immagini sulla pagina Conosci i miei che come abbiamo visto già non gode di buona salute. 
La cosa più grave è che i nostri pubblicitari, preoccupati dai risultati inesistenti, incoraggiano la condivisione nella loro bacheca le pagine pubblicitarie amatoriali sperando di salvare il salvabile. Risultato: non si capisce più quali sono i testimonials finti e quali sono quelli veri.
Già il fatto he si possa creare confusione tra vero e falso la dice lunga sulla qualità grafica degli annunci firmati conosci i miei (come vedremo dopo).




















Stabilito che il messaggio non è arrivato adesso voglio dimostrare come anche i grafici che hanno realizzato la campagna non sono dei professionisti ma dei cialtroni.
I primi manifesti sono graficamente ben realizzati, ritengo che la parola Conosci sia scritta con un carattere troppo lezioso che si amalgama male con il sans serif con cui è scritto il nome del testimonial. I colori proposti sono tutti brillanti e piacevoli.

L'evoluzione del primo manifesto si ha con l'inserimento dell'annuncio all'interno di un contesto cittadino. Foto cartolina prese da Shutterstock
delle maggiori città italiane: Roma, Milano, Torino e Napoli (Nord-est e isole non pervenute).




























In questi elaborati si vedono le prime crepe circa la professionalità dei grafici in forza al PD. Photoshop è infatti utilizzato in maniera grossolana con risultati a volte grotteschi come si può notare, ad esempio, nel cartello che viene inserito all'interno del Colosseo.

Ricordiamo ai soliti buonisti che su una campagna nazionale in cui vengono investiti centinaia di migliaia di euro non si può prescindere dall'utilizzo di un esperto di fotoritocco.

A questo punto della campagna sono cominciate a piovere critiche. Quindi che fare? Bloccare tutto o continuare a farsi del male magari cospargendosi di sale le ferite? Parlando del PD chiaramente si propende per la seconda strada.

Ed ecco che, dopo la campagna teaser, arriva finalmente il primo manifesto della campagna "Conosci i miei".








































Nel manifesto troviamo un Pierluigi Bersani circondato da tanta bella gente.

Se i primi due lavori erano perlomeno dignitosi questo è un'offesa alla grafica, alla comunicazione, alla pubblicità.

Mi viene il dubbio che, secondo una prassi di Fantolesca memoria (vedi link), si sia cercato di cambiare le carte in tavola affidandosi a una cura peggiore del male.
http://comuniquando.blogspot.com/2011/04/il-sito-web-di-fantola-e-sempre-pasqua.html


Una pagina pubblicitaria deve rispettare delle regole formali che servono ad aiutarne la leggibilità e a favorire la comprensione del messaggio proposto.

Il primo livello di leggibilità dovrebbe essere l'immagine, capace di attirare l'attenzione e suscitare risposte "emozionali".
Un luogo comune della comunicazione vuole che l'emozione vende al 95% l'informazione al 5%.

Analizziamo allora l'immagine: è piatta, senza ombre, senza contrasto, sembra il frutto di uno scatto fatto con la fotocamera digitale da un fotografo non professionista (sappiamo bene che il fotografo è solo un accessorio. Infatti è la macchina che conta, più costa migliori saranno le foto).
Gli scontorni sono dozzinali e l'effetto che suscita è quello di un politico intervenuto alla festa del partito del paesello dove i soliti mattacchioni si stanno preparando per fare il trenino al ritmo di Fio Maravilha.
Addirittura grottesca la figura della donna che, con uno smalto rosso terrificante, si sistema dei capelli che sembrano attaccati sulla testa con delle puntine da disegno.
Il tono di marrone del maglione dell'anziano barbuto evoca immagini di pensioni da fame e privazioni di ogni sorta.
Bisogna capire di chi sia la mano dell'alieno a quattro dita che incombe sulla spalla del povero pensionato e che fine ha fatto la parte inferiore del corpo della donna che sta sulla destra (guardando il monitor) di Bersani.
Spero che a Voyager Roberto Giacobbo possa approfondire l'argomento.
Ora la domanda più interessante da porsi non è "chi è Faruk?" ma "dove diavolo è finito Faruk?", nella fotografia infatti non c'è.

"Ti presento i miei" è lo slogan principale, il leitmotiv della campagna. Dovrebbe essere l'elemento più leggibile dell'impaginato invece rimane nascosto in alto in un deprimente motivo decorativo verde disegnato senza apparente logica.
Si tratta dell'elemento più importante dal momento che l'immagine, come poi vedremo, è destinata ad essere sostituita. Lo slogan invece sarà sempre lo stesso: ti presento i miei.

Il terzo livello di lettura è dato dai nomi dei personaggi che circondano Pierluigi Bersani. Sono scritti in frutiger black ed essendo dello stesso corpo sia dello slogan sia del payoff  "l'Italia di domani" risultano poco leggibili e privi di impatto (anche se mi chiedo che impatto emotivo possano avere una serie di nomi).
L'allineamento centrato di tutti i testi confonde ulteriormente il lettore non offrendo nessun punto di riferimento su cui posare lo sguardo e dare un ordine all'insieme. Nei manifesti successivi l'allineamento sarà modificato ma i risultati saranno sempre approssimativi.
Quello che lascia perplessi è però il ragionamento (se c'è stato ma ne dubito) che ha portato alla realizzazione grafica di quell'orrendo segno a forma di clessidra verde e rossa che occupa gran parte dello spazio obbligando gli impaginatori a salti, tutti mortali, nella sistemazione degli elementi.
La parte della clessidra rossa è poi talmente pervasiva e mal utilizzata che sembra avere l'unico scopo di nascondere le immagini. I soggetti fotografati probabilmente cercano riparo dal pubblico ludibrio riparandosi dietro un sipario che, come loro, è rosso per la vergogna.
In basso a destra il marchio del partito con l'invito al tesseramento per l'anno 2012.

Di seguito alcuni dei manifesti ufficiali proposti dal PD.







































Di seguito invece gli agghiaccianti manifesti realizzati dai supporter della pagina Ti presento i nostri e accolte con entusiasmo nella pagina Conosci i miei. Meravigliosa la trovata grafica della chioma che va al di sopra del motivo decorativo rosso nel manifesto di Antonella e l'originalità della posa di Franco, l'uomo col pesce in mano.





Basta inviare una foto brutta ed ecco magicamente il manifesto bell'è pronto.


Graficamente i risultati migliori si sono ottenuti nei manifesti delle parodie.



Per non dilungarmi ulteriormente finisco qui ma con questi materiali si potrebbe scrivere un libro sul come non fare una campagna pubblicitaria.

Chiudo però in bruttezza e cattivo gusto, alla Comuniquando.

Se il PD cerca i voti degli immigrati non cerchi di essere così disgustosamente ruffiano da infilare tra i testimonial un Faruk appassionato di approfondimento politico e gastronomo.

Gli extracomunitari hanno già tanti problemi, la fame è uno di quelli, sarà il caso di prenderli pure per il culo per raccattare due voti?