martedì 30 novembre 2010

Alleanza di Centro, non ha fatto centro

Navigando tra i siti di informazione generalista apprendo che l'attrice Debora Caprioglio ha accettato l'incarico di responsabile nazionale “cultura e spettacolo” di Alleanza di Centro.
Conosco l'attrice ma, ammetto l'ignoranza, non conoscevo questo partito.
Da grafico il primo pensiero è quello di dare un'occhiata al logo.





ADC, UNDERWEAR.

Lo definirei il marchio delle mutande griffate Pionati. Dividete il cerchio all'altezza del nome del candidato, eliminate la parte superiore e otterrete l'effetto di un paio di slip alla moda con bordo alto e griffe sull'elastico da sfoggiare con pantaloni a vita bassa.
La sigla ADC proprio sul sedere potrebbe suggerire frasi del tipo A DOPO CARO o A DOPO CARA a seconda dell'orientamento sessuale di chi le indossa.





L'ANALISI

Appare subito chiaro che il marchio non è stato realizzato da un grafico professionistaIl marchio da un punto di vista formale è totalmente sbagliato.

A sostegno di questa tesi propongo prove indiziarie, oggettive e soggettive.

Le prove indiziarie

Il file del marchio è scaricabile dal sito istituzionale di Alleanza di Centro. Il file in questione è riprodotto nell'immagine che segue.
Un grafico non farebbe mai un impaginato del genere: confuso, privo di logica e senza una gabbia di impaginazione.





Nella seconda pagina dell'allegato (a destra nell'immagine in alto) troviamo una tabella chiamata Riferimento Pantone mentre i colori sono invece indicati in quadricromia. Un colore Pantone è associato a un codice alfabetico e/o numerico. La dicitura giusta dovrebbe essere Riferimento Quadricromia lasciando a terzi l'onere della corrispondenza Pantone (se esiste).
Ho invece la sensazione che la scelta dei colori sia stata fatta quasi a caso. Colori piatti poi trasformati in quadricromia. Lo suggerisce la composizione di alcuni colori. Il rosso ad esempio presenta 1% di ciano e 1% di nero, percentuali inutili che non producono risultati visibili.



Le prove oggettive

Stelle dell'Unione Europea
Sono talmente piccole che già a dimensione normale non si “leggono” bene. Per renderle del tutto illeggibili si è pensato di mettere al di sotto delle stesse un'ombra di colore blu (colore ottenuto con l'88% di ciano e il 78% di magenta). Un elemento così piccolo stampato su qualsiasi supporto con stampa tipografica sarà sempre fuori registro ovvero sembrerà sfocato dando l'idea di una stampa mal realizzata. Un grafico avrebbe optato per un fondino a un solo colore.
Qualcuno potrà obiettare che il marchio verrà stampato con i colori Pantone. Bene, il marchio presenta ben 6 colori Pantone il che vuol dire che in una ipotetica stampa a 4 colori (ciano, magenta, giallo e nero) dovranno essere aggiunti altri 6 passaggi di stampa solo per stampare il marchio. In tutto quindi 10 passaggi nella macchina di stampa.
In soldoni se una normale stampa di un volantino a 4 colori costa 4 euro con il passaggio dei Pantone costerà 10 euro.

Acronimo ADC
Le lettere A, D e C sono di colore bianco con bordo nero.
A cosa serve il bordo nero se a qualsiasi riduzione sparisce?

Spazi e allineamenti
Alcuni elementi come la dicitura Alleanza di Centro e il simbolo della Comunità Europea sono troppo vicini al bordo e comunque inseriti senza una logica di costruzione del marchio. 

Ombreggiatura
- L'ombra delle stelle suggerisce una luce proveniente dall'alto
- L'ombra della dicitura Alleanza di Centro proviene dal basso
- Il nome PIONATI non è illuminato
- Il bordino nero dell'acronimo ADC prevede una luce frontale diretta.

Nome del partito e acronimo
La dicitura ALLEANZA di CENTRO prevede l'uso del carattere italico e minuscolo solo nella preposizione. Nell'acronimo tutte le lettere sono maiuscole.
Perché nell'acronimo la preposizione ha importanza pari agli altri nomi? 

Bordino nero della circonferenza che racchiude il marchio
La linea è troppo sottile, non dà forza al marchio ed è destinata a sparire nelle riduzioni.



Le prove soggettive

La dicitura Alleanza di centro in bianco con fondino blu è discutibile. Da un partito mi aspetto un'identità più forte.
Volete sapere perché si è scelto di rappresentare il nome del partito in maniera così poco evidente? Perché così si legge molto meglio il nome del leader del partito, Pionati. Ormai tutti i partiti hanno un'identità debole sacrificata a favore del leader.
L'era dei Partiti con i leader è finita, siamo nell'era dei Leader del partito.

Conclusioni
Per l'ennesima volta è stato realizzato un marchio senza logica, senza rispetto delle regole formali, senza capacità di valutarlo in modo professionale.
Non penso che un politico debba avere la capacità di leggere un marchio ma sono convinto che il responsabile della comunicazione del partito non possa e non debba ammettere simili errori.
Se il partito non dovesse avere un responsabile della comunicazione allora sarebbe una grave lacuna da colmare, se invece lo ha avrebbe dovuto valutarne prima la professionalità.





















Per concludere una bella immagine dell'attrice Debora Caprioglio. Signori uomini... se alzate lo sguardo dietro l'attrice c'è il marchio del partito.

lunedì 22 novembre 2010

Marchio mio, no tuo no.

Il dibattito che infiamma la cronaca politica di questi giorni e riguarda il diritto di proprietà del marchio del PDL rappresenta una boccata d'ossigeno per la nostra categoria professionale.

I grafici e i pubblicitari da anni, spesso inutilmente, insistono sull'importanza dell'identità di un partito, di un'azienda o di un prodotto.
Oggi il marchio è bistrattato, sottovalutato, affidato a principianti, incapaci, venditori di fumo... insomma a tutti tranne che ai professionisti.

Perché in fondo che cosa ci vuole per fare un marchio? Un disegno che qualsiasi bambino con un minimo di propensione all'arte potrebbe realizzare.

Che spocchia questi grafici che studiano, confrontano, ricercano, provano, cambiano, riducono, cambiano ancora, pesano e poi pretendono di essere pagati.

Quante volte abbiamo dovuto leggere bandi deprimenti per l'ideazione del marchio di enti, associazioni, aziende aperti a tutte le categorie professionali tranne che a quelle giuste? Quanti bandi redatti da incapaci, capaci solo di affidarsi ad altri incapaci, che non sfuggono al luogo comune del "chi si somiglia si piglia"?. Quanti aborti di marchi nati già morti semplicemente perché impossibili da utilizzare in qualsiasi contesto comunicativo? 

E poi, d'improvviso, tutti a contendersi un marchio.

Finalmente, inconsciamente o per capriccio, ci si rende conto che un marchio rappresenta e trasmette valori, identifica e distingue, raggruppa e accomuna

Scrivetelo nei titoli di testa, il marchio serve a tutto, e quando è di tutti ha raggiunto il suo scopo: diventa un simbolo condiviso. 




domenica 14 novembre 2010

Lega la Lega

Ha suscitato molto interesse l'analisi dei marchi dei partiti politici italiani. Ritengo che sia un argomento che meriti una riflessione più approfondita dal momento che lo scopo principale di un partito politico è quello di comunicare delle idee ai cittadini potenziali elettori. Da quanto già scritto nel post precedente le premesse non sono buone e sembra proprio che alla dirigenza dei partiti l'argomento comunicazione risulti particolarmente indigesto.

Il marchio, di un'azienda o di un partito, rispecchia in modo limpido le sue reali potenzialità e i suoi metodi di gestione. Un marchio pasticciato, grossolano, scadente trasmetterà all'elettore approssimazione, faciloneria, disorganizzazione.





Uno dei peggiori, sia da un punto di vista tecnico che da un punto di vista comunicativo, è il marchio della Lega Nord Sardinia che deriva da quello della Lega Nord Padania che proprio brutto non è... ma meriterebbe sicuramente una più attenta elaborazione da parte di un grafico professionista.




Lega Nord Padania
L'elemento principale del marchio è costituito dalla figura stilizzata, secondo il modello della silhouette, di Alberto da Giussano, il mitico condottiero di Legnano (mitico dal momento che non esiste un sicuro riscontro storico sulla sua effettiva esistenza).

Il guerriero è raffigurato con la spada che punta verso il cielo in una posa plastica molto eroica o, in un'ottica più moderna, supereroica, tipica degli eroi in calzamaglia che si affontano utilizzando i loro incredibili poteri. Immaginate una lotta tra l'Uomo Ragno e Alberto da Giussano tra i grattacieli di New York.
Il problema, per chi vede il bicchiere mezzo vuoto, è rappresentato dal fatto che Alberto da Giussano è raffigurato con una posa non propriamente virile... la minigonna da molto da pensare anche ai meno maliziosi.
Quando farà outing probabilmente sarà un duro colpo per i fanatici del celodurismo bossiano.

Chi vede il bicchiere mezzo pieno non tarderà a dimostrare che Giussano non è altri che un discendente di He-Man la cui mascolinità non si discute.
L'immagine sottostante dimostrerebbe questa teoria ma potrebbe trattarsi di un falso.





Nel disegno della silhouette la parte più infelice, è rappresenta dall'elmo... potrebbe infatti essere scambiato per una supposta. Anche il vero nome dell'eroe Alberto da Gluxano tramandatoci da antichi manoscritti, somiglia a quello di un medicinale e ne suggerirebbe un utilizzo non propriamente eroico.



Del tutto sbagliato è invece il modo in cui è stato inserito il simbolo del Leone di San Marco. La disposizione sullo scudo del condottiero è errata sia come posizionamento sia come visibilità.
Come posizionamento perché la spada tenuta dal leone alato sembra colpire mortalmente il cuore dell'eroe che, straziato, punta la spada al cielo prima di esalare l'ultimo respiro. 
Come visibilità in quanto nelle riduzioni sparisce del tutto trasformandosi in una macchia indistinta.

All'interno del marchio, oltre a quelle già citate, troviamo un'ulteriore figura simbolica, il sole delle alpi o rosa celtica. Questo segno rappresenta il vero simbolo della Padania e chiaramente non poteva mancare nel marchio della Lega Nord.
Il segno è stato però inserito in modo approssimativo nell'unico spazio bianco a disposizione. Solo grazie alla perfezione "gestaltica" questo segno non soffre particolarmente le riduzioni.

Nella parte inferiore del marchio, la scritta Padania è poco leggibile a causa di una distorsione evidente e approssimativa.

Peccato perché questo marchio, che presenta ben tre potenti elementi simbolici (fiore delle alpi, leone di San Marco e Giussano) meriterebbe una ben più attento studio grafico.


Lega Nord Sardinia
Adesso, udite udite, o meglio, leggete leggete, ecco a voi il marchio della Lega Nord Sardinia. Avete letto bene, SARDINIA.
Anticipiamo ai lettori non sardi che in nessuna variante della lingua sarda, la Sardegna viene definita Sardinia. Abbiamo infatti Sardigna, Sardìngia, Sardinna... ma nessuna Sardinia. Allora è chiaro che la lingua utilizzata è quella inglese.
Forse il partito vuole esportare nei paesi anglosassoni le proprie idee politiche? La lingua italiana non permette di esprimere importanti concetti come il nome di una regione geografica? La lingua sarda non basta ai sardi per identificare la propria regione di appartenenza?

Io penso, ci scommetto la pensione sociale di Califano, che la scelta sia stata fatta per l'assonanza tra le parole PADANIA e SARDINIA, quasi a volerci comunicare che qualcosa in comune ce l'abbiamo davvero... la rima e neanche tanto baciata.

Anche il font con cui viene scritto il nome "Lega Nord" non è uguale a quello originale. La Lega Nord Padania utilizza infatti l'Optima Bold, la Lega Nord Sardinia, l'Arial, font che nasce per il solo utilizzo sul web. Anche la grandezza è diversa in quanto i leghisti sardi avevano bisogno di più spazio per inserire elementi aggiuntivi. Le scritte "Padania" e "Sardinia" sono state realizzate con lo stesso font distorto in entrambi i casi, in maniera pessima.

Il peggio però deve ancora arrivare. Al posto del fiore delle alpi, con la Sardegna evidentemente non c'entra niente, i nostri hanno inserito due segni sovrapposti.
La solita, scontata, stravista silhouette della Sardegna. Basta... sappiamo benissimo com'é fatta la nostra isola, non ricordatecelo in ogni momento e in ogni luogo.
Noi lo sappiamo, ma all'ideatore del marchio qualche dubbio dev'essere venuto dal momento che, per ricordarcelo, all'interno di questi confini ha inserito un nuraghe... l'elemento più abusato dell'iconografia sarda. 

Secondo voi cosa cosa ci direbbe uno straniero che non conosce le vicende politiche italiane se gli facessimo "leggere" questo marchio? Potrebbe dirci che un condottiero con l'elmo a forma di supposta dichiara guerra a un'isola, o a uno stato piccolissimo, abitato da un uomo preistorico che vive in una torre di pietra. Ci direbbe che questo preistorico non è nemmeno tanto furbo perché ha lasciato la porta aperta e quando piove probabilmente si bagna dal momento che sulla torre non esiste un tetto.  

Dall'analisi dello straniero possiamo facilmente capire, con un minimo di sforzo cognitivo, quali sono i destinatari del Gluxano, il medicinale che non si assune per via orale e di cui abbiamo già parlato.




mercoledì 3 novembre 2010

Nuovo partito, nuovo marchio, niente di nuovo

Fresco di presentazione il nuovo marchio del partito Futuro e Libertà il cui leader è Gianfranco Fini.
Quella che sto per fare, sia chiaro, non è un'analisi da un punto di vista politico ma puramente comunicativo sul nuovo marchio. I giudizi quindi non si fondano minimamente sulle mie idee politiche.

Lo scenario politico italiano è caratterizzato da una serie di marchi di una bruttezza imbarazzante associati a nomi altrettanto orribili e banali.
Eppure l'Italia poteva vantare dei marchi politici bellissimi. Mi riferisco a quelli della DC, del PSI, del PCI, Partito Radicale, MSI... chi ha operato i restyling, nella stragrande maggioranza dei casi, ha cambiato in peggio.



Bei marchi di una volta...

A destare dal torpore gli spenti comunicatori dei partiti sono state le ultime elezioni americane che grazie ai soliti effetti speciali hanno convinto molti a rinfrescare i loro marchi. Ed ecco spuntare adattamenti di marchi in stile web 2.0. Quindi marchi già scarsi in partenza "webbizzati" sono diventati ancora più brutti e, come aggravante, illegibili.


L'Italia dei Valori vanta uno dei marchi più brutti in assoluto.
Il marchio è costituito da un gabbiamo sfigatissimo che vola al di sopra della scritta Di Pietro. Questa presenta, chissà perché, il puntino della "i" colorato di rosso! La prima regola che insegnano nelle scuole di grafica è che qualunque elemento si trovi all'interno di un marchio deve avere un senso... io il pallino rosso lo identifico come l'escremento del gabbiano che, essendo di tutti i colori dell'iride, probabilmente fa la cacca colorata.

Altro orrore grafico ci è fornito dal marchio del Movimento a 5 stelle di Beppe Grillo. Il segno che rappresenta la lettera "V" è uno dei più brutti mai rappresentati da quando i primi uomini cominciarono a incidere le pareti delle caverne.

Il marchio dell'UDC è un po' meglio, a scuola si sarebbe detto <<il ragazzo si applica ma non riesce>>. Infatti è stato preso un marchio perfetto come quello della Democrazia Cristiana, lo si è rimpicciolito in modo da renderlo illegibile e sono aggiunti al di sotto degli elementi sfumati che potrebbero sembrare qualsiasi cosa e che se non ci fossero non cambierebbe nulla... anzi.



Brutti marchi di oggi...


Uno dei marchi più "giusti" da un punto di vista grafico e più belli da un punto di vista soggettivo è quello del PD. Unica nota stonata il piccolo ramoscello di ulivo che ancora resiste tra la parola "Partito" e la parola "Democratico". Nelle riduzioni il segno grafico da l'idea di una mano in un'ultima disperata richiesta di aiuto prima di essere inghiottito dalle sabbie mobili. Appena cadranno le poche foglie sarà addirittura perfetto.

Per par condicio cito anche il Popolo della Libertà, il marchio è ben fatto... l'unico problema è legato al cognome del leader. Berlusconi infatti è troppo lungo e crea problemi in qualsiasi modo lo si voglia inserire.


Bei marchi di oggi... 



Ma veniamo al marchio "Fini - futuro e libertà". Il marchio è composto da una sfera attraversata da una curva che la divide in due. La parte superiore di colore azzurro contiene il nome FINI. La parte inferiore di colore verde sfumato, sfalsata rispetto a quella superiore, contiene il nome del Partito "Futuro e Libertà".

L'elemento più leggibile è il nome FINI il che ci comunica che il partito si identifica nel Presidente della Camera dei Deputati. Il nome del partito risulta poco leggibile e si perde nello sfondo sfumato verde. La promessa racchiusa nel nome, "futuro e libertà" non viene mantenuta dall'impostazione grafica. Risulta infatti troppo compressa all'interno di una semisfera chiusa su cui incombe, minaccioso, il nome FINI. Quest'ultimo nome invece spicca bene nello sfondo azzurro ed è di notevole impatto (i nomi corti, graficamente parlando, funzionano infatti meglio di quelli troppo lunghi, vedi Berlusconi).
Nel semicerchio inferiore è inglobato il tricolore italiano. Questa, secondo il mio parere, è la miglior trovata del marchio. Il tricolore incontra l'azzurro e prosegue idealmente per tutta la circonferenza del marchio.
Non capisco e non apprezzo la parte del semicerchio inferiore che sporge rispetto al bordo ideale del cerchio. Trovata puramente grafica che però non è supportata da nessun ragionamento formale. Lo definirei un vezzo grafico, forse l'idea era quella di suggerire "movimento" ma direi che l'operazione non è riuscita.

In definitiva, benché all'occhio del profano posso sembrare accattivante, da un punto di vista tecnico e a una lettura più approfondita dei segni il lavoro poteva essere realizzato meglio.

L'elemento veramente banale è il nome del partito... "Futuro e Libertà". La parola "libertà" tanto abusata in politica è un diritto costituzionale dal momento che la sovranità appartiene al popolo. Perché sbandierare come valore un diritto già acquisito? Il "futuro" è invece prerogativa dei viventi e riguarda tutti noi ma non vedo perché un partito debba ribadire un concetto così scontato.



La parola "libertà" evidentemente è molto di moda nei maggiori partiti politici. Esiste infatti il "Popolo della Libertà" del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e "Sinistra, Ecologia e Libertà" di Nicky Vendola. Mi aspetto a breve, vista la banalità delle scelte nei nomi di partito, un bel "destra, sviluppo e benessere" o un sempre attuale "centro, solidarietà e diritti". Nel caso chiamatemi per realizzare il marchio ho sempre qualche brutta idea da rivendere

martedì 2 novembre 2010

Il giusto stile per un buon testo

Quando si sviluppa un testo scritto si deve aver presente in maniera chiara, oltre al contenuto di ciò che si vuole comunicare, la tipologia dello stile testuale da adottare.

Possiamo individuare cinque diversi tipi testuali.

Tipo narrativo
Permette il racconto di una storia che si articola in una serie di eventi concatenati e sviluppati nel tempo. La trama, permette di raccontare una storia anche senza seguire l'ordine cronologico degli avvenimenti narrati. Una storia può essere raccontata iniziando magari dalla fine e mediante flashback (o analessi), riprendere da fatti precedenti a quelli raccontati all'inizio, oppure con salti temporali in avanti (flashforward o prolessi).
Gli eventi raccontati nel loro rapporto logico-temporale costituiscono invece la fabula.

Tipo descrittivo
Permette di fissare gli elementi descritti in base alla loro disposizione spaziale. Ad esempio in un romanzo la descrizione degli ambienti o delle caratteristiche di una persona <<aveva un lungo scialle nero, riccamente decorato con brillanti e gemme, che scivolava lungo la schiena...>> 

Tipo espositivo
Consente la comprensione di concetti che riguardano un sapere oggettivo e ben definito. Fanno parte di questa categoria i testi scientifici, i saggi, le relazioni ecc...

Tipo regolativo
Sono quei testi che indicano doveri, obblighi o istruzioni. Ne fanno parte gli avvisi (ad esempio le regole di comportamento a mare che si possono leggere nei poster distribuiti dalla Capitaneria di Porto), le ricette o il libretto con le istruzioni per l'uso di un software.

Tipo argomentativo
Riguarda lo sviluppo di un ragionamento intorno a un problema. Chi argomenta presenta una tesi, propone degli argomenti a favore di essa, la supporta con fatti e ragioni e arriva alla conclusione.

Questa divisione chiaramente non può essere mai così rigorosa dal momento che nello stesso testo possono coesistere i diversi stili.