Nel precedente post si evidenziava l'incapacità di una classe politica di leggere il cambiamento avvenuto grazie al web nella società contemporanea. Incapacità dettata soprattutto dalla mancanza dei mezzi necessari per leggerli e dalla volontà di affrontarli, capirli e farli propri.
Il Senatore Antonello Cabras attraverso il suo sito web analizza le ragioni della sconfitta alle primarie del PD in Sardegna evidenziando inconsapevolmente queste mancanze.
In maniera indiretta possiamo accorgerci della scarsa conoscenza del linguaggio del web già dalla formattazione del testo. Il lettore si trova infatti ad affrontare un pacchetto di testo "giustificato" senza nessun a capo, capoverso o paragrafo che possa aiutarlo durante la lettura.
Nel documento un passaggio ci interessa particolarmente, quello in cui il Senatore illustra la sua idea di comunicazione nel web 2.0 (cito testuale):
... nella medesima dimensione si ritrova tutta la porzione, sempre più rilevante, di quanti animano la rete*. In particolare questi cittadini di varia estrazione, età, genere, ceto sociale, non ama ingabbiarsi nei riti di assemblea, preferisce scegliere i propri interlocutori, seleziona con chi discutere e quando. In fondo è un modo per comunicare analogo ai video messaggi, scrivo quello che penso, mi confronto esclusivamente con quelli della mia community, i quali generalmente non sono lontani dal mio sentire. Si tratta di una modalità più comoda e meno fastidiosa di una banale riunione dove potresti sempre incontrare chi non ti garba.
*Una porzione che in Italia su Facebook conta 16.589.000 di utenti. Dati Sole 24 ore del 7 ottobre 2010. (Ndr)
Questo estratto evidenzia chiaramente la difficoltà nel descrivere un mondo che non si conosce a fondo. Il tutto ben raccontato, ben scritto ma lontano dalla realtà.
Le ricerche dicono che buona parte degli utenti di Facebook è più interessata ad apparire membro di più gruppi possibili che a parteciparvi con dibattiti e opinioni, è quindi del tutto fuori luogo l'idea della community chiusa.
Il forum e i social network non sono dei ritrovi di spiriti affini ma luoghi di incontro e di scambio di opinioni, a volte frivole a volte serie, che coinvolgono persone che trovano molto più facile esprimere il proprio pensiero attraverso il web rispetto a un contesto in presenza dove la voce fuori dal coro è non solo cosa rara ma anche non gradita.
Il web invece è il luogo ideale per manifestare la propria opinione e i politici che si mettono in gioco sul web e sui social network si trovano a ribattere a domande cattive, faziose e tendenziose che mai potrebbero essere poste in un diverso contesto sociale.
Quindi non un sistema comodo e meno fastidioso ma bensì un contesto dove sicuramente e non probabilmente incontrerai "gente che non ti garba".
Esattamente il contrario di quanto affermato dal Senatore.
Ma è anche un'opportunità irrinuncialbile per poter spiegare, con argomentazioni coerenti alla domanda posta, le proprie ragioni magari convincendo e portando dalla propria parte chi prima ci era contro.
Nel web alla domanda posta bisogna rispondere sempre e in maniera puntuale. Non si può giocare al "politichese" eludendo la domanda, parlando d'altro o magnificando il proprio operato. Il gioco sarebbe subito scoperto e si perderebbe credibilità e quindi consenso.
Il web 2.0 privilegia il rapporto uno a uno e non uno molti, quindi è del tutto errata l'analogia con il video messaggio (anche se non riesco a capire come un video messaggio possa essere analogo a un forum o a una discussione su un social network).
Nel web la comunicazione è orizzontale e il politico è sullo stesso piano del suo interlocutore.
Un giovane può porre la sua domanda e aspettarsi una risposta eliminando ogni forma di soggezione o di timidezza.
Durante una riunione di partito, dove chi non ci garba spesso non è neppure ammesso, avete mai visto un ragazzino spaurito alzarsi in piedi e fare una domanda scomoda al politico che lo guarda severo dall'alto della sua carica istituzionale? Se lo avete visto allora vi trovate in rete, nel web 2.0.
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