venerdì 7 ottobre 2011

Un calcio nel culo dagli esiti differenti

Finalmente la Provincia di Carbonia-Iglesias ha stemma e gonfalone!
A Carbonia e ad Iglesias non si parla d'altro, nei bar tiene banco la notizia e tra un caffè ed un prosecco le opinioni sono sempre le più disparate. La maggior parte degli avventori si domanda cosa sia un gonfalone la minor parte cosa sia uno stemma.

Dopo un operazione poco cristallina e che lascia molti dubbi sulla regolarità dell'iter burocratico, stemma e gonfalone sono stati ufficialmente presentati.


Per quanto riguarda l'iter burocratico, in "pilloloni" (efficace neologismo inventato da un mio ex professore universitario), ricordiamo che il bando è passato attraverso varie fasi:

1) concorso pubblico rivolto a tutti coloro i quali “abbiano interesse”.


















2) concorso affidato ad esperti di riconosciuto valore artistico.

















3) concorso vinto da qualcuno in qualche modo.

Come abbiamo già discusso in precedenti post, sempre tramite Comuniquando, il bando prevedeva che lo stemma dovesse contenere quella Dea Madre che un triumvintagerato di saggi aveva scelto, tra una tisana e una pillola di Aricept, come simbolo unificante della Provincia.


Il risultato finale di questa operazione è lo stemma che ripropongo di seguito.

























Graficamente ineccepibile, tranne alcune imprecisioni in allineamenti e spazi (confuta la mia affermazione che il lavoro sarebbe stato affidato a un incapace), ma oggettivamente discutibile, presenta alcune caratteristiche che ritengo possano essere interessanti ai fini di un discorso di comunicazione istituzionale.

Preciso, perché è molto importante, che ad oggi venerdì 7 ottobre 2011 in nessuna fonte ufficiale o ufficiosa sono citati gli autori materiali dello stemma. Non sono indicati nel sito della Provincia, nell'articolo sull'Unione Sarda del 1 ottobre e neppure in quello de La Nuova Sardegna del 5 ottobre 2011.
La mia prima impressione, di fronte allo stemma, è stata <<io questo l'ho già visto>>, non mi sbagliavo.
Di seguito dimostrerò come questo lavoro è stato fatto sulla base dello stemma della Provincia di Cagliari realizzato nel 2007.
Lo stemma della Provincia di Cagliari è stato realizzato dai grafici Stefano Asili e Alessandro Cortes, quello della Provincia di Carbonia-Iglesias ancora non lo sappiamo, o meglio, non lo so'.

Il fatto che il Presidente della Provincia Tore Cherchi fosse il Sindaco di Carbonia quando Stefano Asili realizzò il progetto per il Museo del Carbone, che lo stesso Presidente sia tra i relatori, insieme ad Asili, della Settimana Internazionale della Grafica a Cagliari (http://www.aiap.it/documenti/12895/270), che nel Carbonia Landscape Machine del giugno 2011 premio del paesaggio del Consiglio d'Europa 2011 si segnala la presenza dello stesso Asili tra gli interventi e di Tore Cherchi tra i relatori e che ancor prima, nel dicembre del 2009, troviamo gli stessi nomi nel convegno Comunicare l'Arte (http://www.comune.carbonia.ci.it/urbiportal/content/it_IT/910.html) qualche dubbio lo elimina.
Nel caso gli autori non fossero loro... allora si tratterebbe di una clamorosa copiatura.

Lasciamo le polemiche politiche e torniamo all'analisi dello stemma che, come dicevamo, presenta numerosi elementi ripresi da quello della Provincia di Cagliari.















Gli elementi identici sono:

1 - Fronde
2 - Corona e nastro tricolore
3 - Forma dello scudo
4 - Quattro mori

Una piccola variante è presente nella corona, unico elemento originale la Dea Madre.

1 - Fronde
Le fronde di quercia e di alloro sono evidentemente quelle realizzate per la Provincia di Cagliari a cui è stata fatta solo qualche piccola modifica. Sappiamo che disegnare questi elementi è faticoso e richiede molto tempo, tanto vale riutilizzare un lavoro già pronto.
Per ragioni incomprensibili il verde pubblico del sulcis è meno rigoglioso rispetto a quello della Provincia di Cagliari. Probabilmente, sapendo che il sulcis è una zona a rischio di desertificazione, l'amministrazione pubblica ha voluto portarsi avanti con il lavoro evitando di apportare restyling sullo stemma quando i cammelli saranno più comuni di pecore e capre.



Le fronde a confronto.
















L'unica differenza, da un punto di vista grafico, è nel posizionamento della ghianda e dell'oliva che nella versione sulcitana sono esterne rispetto alla foglia.
Le fronde realizzate, da un punto di vista grafico, a regola d'arte non rispettano le regole dettate dall'araldica. Queste regole prevedono, in base all'art. 95 del R.D. del 7 giugno 1943, n. 652 che “...racchiudente due rami, uno d'alloro ed uno di quercia al naturale, uscenti dalla corona, decussati e ricadenti all'infuori”... qui escono ma non "decussano" e non ricadono.
A questo punto sorge spontaneo chiedersi se sia giusto o meno seguire alla lettera le regole araldiche o "interpretarle" in modo soggettivo e più attuale. Altri hanno affrontato in maniera esaustiva questo argomento, chi è interessato può procurarsi facilmente il libro Disegnare le città Lcd edizioni.
Personalmente ritengo, nel momento in cui si sceglie di fare un simbolo araldico, che dove è possibile tali regole vadano seguite.

Per questo ritengo che le fronde siano sbagliate, siamo d'accordo che farle decussate poteva creare problemi di leggibilità sui moderni supporti, ma farle ricadenti era possibile. Quindi bisognava realizzarle in questo modo come del resto era già stato fatto per le fronde dello stemma della Provincia di Cagliari.
Il tentativo di differenziare le due fronde, tra l'altro non riuscito, ha portato all'errore nella coerenza araldica delle stesse.

2 - Corona
La Corona di Provincia è differente ma ci accorgiamo che i quadratini che rappresentano in forma di segno i gioielli incastonati nella corona stessa sono sempre in numero di cinque, cambia solo l'inclinazione. Nella Corona Sulcitana (1) sono ruotati di 45° rispetto a quelli della Corona Cagliaritana (2).
Il nastro tricolore è invece identico come dimostra l'accostamento nell'immagine che vi propongo di seguito (vedi punto 3).



Le Corone a confronto.












3 - Scudo
La forma dello scudo, come richiesto dall'araldica civica italiana (salvo eccezioni) è del tipo denominato sannitico. Come si dimostra nel confronto (1 Cagliari e 2 Carbonia Iglesias), esaminando la bordura si nota che c'è solo una leggerissima differenza nelle curve, del tutto ininfluente in termini di impatto ottico e di difficoltà di realizzazione. Appare chiaro l'utilizzo, nella forma del copia e incolla, dello stesso tracciato digitale. Non ritengo che questa procedura sia sbagliata, mi limito ad evidenziarla.



Gli scudi a confronto.












4 - I quattro mori
Il quarto elemento identico è quello dei quattro mori. Ora l'autore mi deve spiegare perché a Cagliari va di moda il capello riccio mentre nel sulcis siamo tutti a conche genugu (colorita espressione sarda per definire gli ipotricotici). Infatti il moro cagliaritano (1) sfoggia un'invidiabile permanente mentre il moro sulcitano (2) è completamente calvo non sappiamo se per necessità o vezzo.



I mori a confronto.











Risulta evidente che il moro utilizzato è sempre lo stesso, malgrado la differenza nell'acconciatura e la presenza di un pezzo di fascia che sporge dalla testa nel moro sulcitano.

Da un punto di vista dell'araldica, sempre salve le premesse fatte prima, lo stemma è comunque sbagliato, vediamo il perché.

Innanzitutto bisogna sapere che all'interno dello scudo ogni elemento viene sistemato in base all'ordine gerarchico. Gli elementi più importanti devono essere sistemati in alto a sinistra e in basso a destra, i meno importanti in alto a destra e in basso a sinistra.

All'obiezione che un profano potrebbe fare su tale ordine, l'insolita posizione di dominanza dell'elemento sulla sinistra in alto e del suo corrispettivo in basso a destra, bisogna chiarire che la destra e la sinistra non sono quelle dell'osservatore ma di chi, idealmente, porta lo scudo.
In araldica infatti tutto è riferibile al guerriero che portava le insegne della sua casata

Quando lo scudo, come nel caso della Provincia, è diviso in due parti uguali da una linea longitudinale viene definito scudo partito o diviso in palo. Se fosse diviso da una linea verticale allora avremmo uno scudo troncato o diviso in fascia. Se avesse presentato tutti e due i tagli avremmo avuto uno scudo inquadrato.
Queste divisioni prendono il nome di colpi guerrieri e rimandano ai colpi di spada che i cavalieri sferravano con le due mani giunte per imprimere maggior forza.

Quindi, riferendoci all'araldica, la parte più importante della tavola di aspettazione è proprio quella sinistra che dovrebbe essere occupata dall'elemento più importante tra quelli scelti per comporre lo stemma della Provincia di Carboni-Iglesias. Il simbolo dei quattro mori, identificando la Regione Sardegna, assume un valore più alto rispetto al segno della Provincia. Ecco perché i quattro mori dovrebbero stare nella parte sinistra e la Dea Madre in quella destra.
Correttamente questa impostazione è presente nello stemma della Provincia di Cagliari anche perché, in questo caso, si è trattato di un restyling di uno stemma già esistente.

Anche l'uso del colore è regolato dall'araldica e ognuno ha dei precisi significati simbolici. Il colore scelto come sfondo della porzione di scudo destinato a contenere l'elemento Dea madre è l'azzurro. Come riportato dal quotidiano La Nuova Sardegna del 5 ottobre 2011, l'assessore al turismo della Provincia Marinella Grosso motiva la scelta dell'azzurro come colore caratteristico dei costumi tradizionali del territorio. Se il criterio di scelta è stato questo direi che è fin troppo troppo banale, l'azzurro è a tutti gli effetti un colore universale. Diciamo che in questo caso si è trovato prima il colore e poi si è trovata una motivazione.
Secondo l'araldica l'azzurro identifica, più coerentemente, il cielo ed il mare e a livello simbolico trasmette devozione, fedeltà, ricchezza. Se nella Provincia di Carbonia Iglesias siamo notoriamente fedeli e devoti non mi risulta che siamo pure ricchi visto che anche le risorse per il nostro stemma vengono dirottate oltre Provincia.

L'unico elemento di novità è rappresentato dalla famosa Dea Madre. Parliamoci chiaro e tondo... vista la pessima base di partenza scelta dal già citato triumvintagerato non ci si poteva aspettare molto neanche da grafici di indubbio valore come lo sono i probabili autori dello stemma.
Di ben altro livello il segno Dea madre che Gavino Sanna aveva realizzato per la Regione Sardegna.










Il vero problema però riguarda il messaggio veicolato dalla figura stilizzata.

Il concetto di Dea Madre, nelle parole del Presidente della Provincia Tore Cherchi, come riportato nel già citato articolo su La Nuova Sardegna, ha un significato "straordinariamente attuale, riferito alla terra, alle sue risorse, ai valori attuali e al ruolo della donna nella società attuale".
Se analizziamo la figura possiamo invece affermare che questo significato non è minimamente trasmesso. Anzi, l'atteggiamento di chiusura espresso dalle braccia conserte e addirittura fuse in un unico tratto, trasmette piuttosto indifferenza e inoperosità. Ricordiamo che un "simbolo" non nasce per volontà del proponente ma lo diventa per attribuzione. Ecco che la Dea madre in questo contesto storico e in questa forma grafica potrebbe diventare il simbolo della rassegnazione del disoccupato e dell'indifferenza dell'amministrazione pubblica verso un territorio che paga, come pochi altri, la crisi economica e occupazionale dei nostri giorni.
Come ormai sappiamo ogni elemento di un marchio o di uno stemma deve essere inserito in un contesto e rapportato con gli altri elementi che compongono la rappresentazione grafica. Quindi un elemento deve funzionare sia singolarmente che in comunione con gli altri. Se uno di questi scricchiola crolla tutto l'impianto.
Questo impianto crolla e vi dimostro il perché.

Torniamo all'analisi grafica. La figura è chiaramente androgina, presenta elementi sia maschili che femminili che confondono e sconcertano l'osservatore.
La parte superiore presenta un busto evidentemente maschile con spalle larghe e una certa presunzione alla "berrina" espressa graficamente dalla linea obliqua che dovrebbe rappresentare gli occhi ma somiglia di più a una berritta inclinata sul capo.
















La parte inferiore della Dea madre è decisamente femminile ed esprime una sensualità provocante e più in linea con un bunga-bunga party piuttosto che ad un contesto istituzionale ufficiale. La taglia di questa Dea Madre dei giorni nostri non poteva che essere una 42 in "linea" con le tendenze anoressicizzanti degli odierni canoni di bellezza.


La Dea madre a Miss Italia.


















Ribadiamo che la figura di partenza era sbagliata a priori e a fortiori lo è anche anche adesso.

La figura della Dea Madre che abbiamo visto non comunica minimamente quelle che erano le idee iniziali dei proponenti, ma trasmette altre informazioni.

Che io sia cattivo nei miei giudizi lo sapete già, ma vi darò modo di poterlo affermare con più forza.

A me, la figura stilizzata della Dea Madre, più che un simbolo unificante mi ricorda una prostituta in attesa di clienti in una strada di periferia.
Gli elementi ci sono tutti:
- la posizione d'attesa, tra rassegnazione e indifferenza
- il blu che ricorda la notte
- il giallo della figura illuminata da un palo della luce
- le fronde suggeriscono una via periferica e ombrosa
- ci sono pure i clienti... quattro avventori che sbavano pregustando piaceri proibiti.  Gli avventori, evidentemente extracomunitari, hanno accostato la loro Mini Cooper al bordo della strada (linee gialle parcheggi riservati), e due davanti e due sistemati nei sedili posteriori, sono alla caccia di un ribasso sulle tariffe.
































L'auto usata per abbordare la professionista del piacere.








La mia è chiaramente una provocazione che però poggia su solide basi. Ecco perché non basta essere luminari di storia, di archeologia o di fisica, matematica o geologia. Per identificare un elemento che possa un giorno diventare un simbolo ci vuole un esperto di comunicazione. E ci vuole prima per aiutare a costruire un progetto serio e non dopo a criticare un lavoro già fatto. Forse era meglio affidare ai grafici che hanno realizzato lo stemma anche la ricerca degli elementi simbolici.

Ora sono ansioso di scoprire chi sono gli altri esperti di riconosciuto valore artistico che hanno partecipato alla gara tutta interna e misteriosa della Provincia, voglio vedere i loro lavori e poter giudicare, per diletto personale e professionale, se sono migliori o peggiori di quello vincente.
Voglio sapere i loro nomi e i criteri per i quali sono stati scelti.
Voglio sapere quanto sono stati retribuiti, se è vero che il primo bando prevedeva un compenso di ben 1.000 euro.



L'articolo del bando dove si evidenzia l'ammontare del premio.



Voglio vedere se ci sono... perché francamente sono stufo.

Sono stufo di entrare negli enti pubblici con un progetto ed uscire con un calcio in culo. Sono stufo di vedere chi entra negli enti pubblici con un calcio in culo ed esce con un progetto.










7 commenti:

  1. Commento di Stefano Asili che per problemi tecnici non è riuscito a postare attraverso il blog.


    Caro Lorenzo,

    nel fine settimana mi hanno avvertito del tuo intervento sul blog a proposito dello stemma della Provincia di Carbonia Iglesias. Devo dire che l'ho letto e l'ho trovato gustoso e spiritoso. Siccome però vengo chiamato un po' maliziosamente in causa, sento il dovere di chiarire (anche se forse una telefonata o una email fra colleghi avrebbe fugato ogni dubbio prima) come sono andate le cose.

    A metà agosto sono stato chiamato da Tore Cherchi per elaborare un bozzetto per lo stemma della Provincia. Non ero al corrente di alcun concorso - al quale, per altro, nessuno mi aveva invitato. Stavo combattendo con l'organizzazione della Settimana della Grafica ed ero molto impegnato in tutt'altri problemi. Avrei potuto ottenere l'incarico come libero professionista: gli incarichi diretti da parte di enti pubblici - sotto la soglia dei 20.000 euro - sono come sai previsti dalla legge. In questo caso, tra l'altro, trovo che la formula dell'incarico diretto sia un modo più corretto di agire rispetto al concorso: non ci sono idee da produrre, ma conta l'uso della tecnica di rappresentazione e il rispetto di alcune regole progettuali, che vanno dalla correttezza araldica alla conoscenza della percezione visiva. Su questo punto, il tuo giudizio di "graficamente impeccabile" mi inorgoglisce e te ne sono grato.

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  2. A causa della lunghezza della risposta il post di Stefano Asili è stato diviso in due parti. ecco la seconda:

    Tuttavia ho preferito "passare" l'incarico all'Università (5000 euro lordi, non molti di più di quelli che citi come premio). Mi sarebbe sembrato poco elegante approfittare, per il mio lavoro privato di libero professionista, dei rapporti che il Dipartimento di Architettura, presso il quale lavoro (con un contratto part-time al 50% che mi consente di fare alla luce del sole la libera professione e di firmare i progetti), "ha in essere" con l'amministrazione di Carbonia e con quella provinciale. È la stessa personale posizione che ho preso diversi anni orsono nel non accettare, se non come lavoro dell'università, l'incarico per il Museo del Carbone. È stato quello - come oggi questo – un lavoro "pubblico su pubblico" che - con buona pace di Brunetta - ha portato economie all'università in grado di finanziare ulteriori ricerche e borse di studio, spesso dedicandole a studenti di quello stesso territorio e, comunque, procurando all'università un po' di quei fondi di cui oggi, ancora più di ieri, continua ad avere un bisogno disperato.

    Il lavoro su Serbariu, e più in generale su Carbonia, ha prodotto alcuni risultati importanti. Ci abbiamo messo molta testa e ancor più cuore e, al di là dei riconoscimenti internazionali, avrei voluto che sentissi come ha parlato uno sconosciuto ragazzo di Carbonia durante la tavola rotonda sulla sua città. Ed è ovvio che si cementino rapporti di stima e amicizia con amministratori e tecnici con cui hai condiviso momenti molto significativi (belli e brutti) della tua vita. Tore Cherchi è uno di loro. Testimoniare pubblicamente questo lavoro in conferenze e dibattiti è un dovere, più che un diritto.

    Tornando allo stemma, le idee sul contenuto, come riporti correttamente, erano già state elaborate da altri. Devo dire che non condivido il tuo giudizio sulla bruttezza delle statuine: a me sembrano un'astrazione bellissima. Ma queste sono, credo, questioni di gusto personale. Ci sono stemmi araldici che riportano teste di morto, maiali, piedi, addirittura testicoli.

    Quanto all'esecuzione, è abbastanza chiaro che se mi viene chiesto di disegnare uno stemma di provincia, io continui a disegnare gli elementi fondamentali secondo il mio gusto, che però si basa su considerazioni pratiche. Per esempio, la stilizzazione gestaltica: ho sempre sfruttato, nei miei lavori, la "chiusura invisibile" delle linee (Kanisza et al.). Non traccio mai linee troppo sottili (a rischio scomparsa in riduzione), non sovrappongo mai le aree di diversi colori (preferisco che anche nella versione nero-e-basta si comprenda la distinzione fra le superfici). Di più, credo nella standardizzazione degli elementi comuni: avrei fatto la corona e i mori esattamente uguali a quelli della provincia di Cagliari, se l'amministrazione di Carbonia Iglesias non avesse temuto ripercussioni. Anche perché ritengo che non esistano "i mori di" o "la corona di" o "le foglie di". Sono elementi della grammatica araldica che possono variare fino a un certo punto, ma che possono essere disegnati certamente meglio di quanto non siano quelli "distribuiti" dall'ufficio araldico.

    Spero di averti fornito i chiarimenti necessari. Continuerò a seguire il tuo blog così ben fatto.
    Con i saluti più cordiali,
    Stefano

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  3. Caro Stefano,
    ti ringrazio per l'esauriente e garbata risposta. Quello che ho voluto mettere in evidenza in questo ed altri post dedicati all'argomento la poca, anzi nessuna, trasparenza dell'amministrazione della Provincia di Carbonia-Iglesias nel gestire la definizione dello stemma.
    Che il lavoro lo abbia fatto tu direttamente o tramite l'Università mi sembra che cambi poco, sappiamo bene che "cambiando l'ordine dei fattori il prodotto non cambia".

    Prodotto, come nel caso da e citato del Museo del Carbone, di altissima qualità. Quando affermi che in quel progetto ci hai messo testa e cuore dici una cosa giustissima ma che dovrebbe essere implicita in ogni lavoro. Semmai ci hai messo le tue innegabili capacità e il tuo inconfondibile stile.... insomma la passione ce la mettono tutti ma per eccellere ci vogliono le competenze.

    Ti sorprenderebbe sapere quanto tempo passo tutt'oggi in quella struttura che frequentavo già da bambino e che conosco letteralmente come le mie tasche. In quella struttura ci lavorava mio nonno, ci è cresciuto mio padre, ci sono cresciuto io (il corpo museale principale, la Lampisteria, è stato campo da calcetto, pista per il pattinaggio a rotelle, ritrovo di tossici, luogo di giochi per bambini avventurosi, riparo per "innamorati" e via dicendo).
    Non ti sorprenderà sapere che, oggi, in quella struttura l'unica cosa che posso fare è pagare il biglietto per entrare.

    Trovo giusto che un amministratore si rivolga a un professionista per affidare lavori di comunicazione molto importanti.
    Trovo ingiusto che quell'amministratore, Tore Cherchi, si rivolga sempre allo stesso anche se con l'Università a far da filtro.

    La mia stima nei tuoi confronti, naturalmente, rimane immutata e ritengo eccellenti molti dei tuoi lavori e sono sicuro che se interpellato anche in fase di definizione delle idee il risultato finale sarebbe stato migliore.

    Con stima

    Lorenzo Saliu

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  4. http://www.provincia.carboniaiglesias.it//determinazione/area-dei-servizi-amministrativi-e-finanziari/2011/198

    Determinazione:
    http://www.provincia.carboniaiglesias.it/sites/www.provincia.carboniaiglesias.it/files/Determinazione%20n%20198%20del%2013.10.2011.pdf

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  5. Quello che fa incazzare è che certe cose sono fatte intuitus personae, senza dare la possibilità a giovani del posto,o a artisti locali, di dare un contributo alla comunità, come sarebbe stato più giusto. E poi per uno stemma che identifica un territorio, che ne diventa l'immagine spesa nel mondo, sarebbe stato comunque meglio il concorso di idee...

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  6. Caro anonimo, citi artisti locali?...giovani del posto?...concorso di idee?..contributo alla comunità? Quello del "grafico" è un lavoro serio, ti pregherei di rileggere con cura l'intervento di Asili e di Saliu, due professionisti della comunicazione visiva. Si parla di professionalità e competenza. Gli artisti sono altra cosa.
    M.G.

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