lunedì 28 febbraio 2011

Unidos, un marchio antifrastico?

UNIDOS è il movimento politico promosso dall'Onorevole Mauro Pili all'interno del Popolo della Libertà.
Mauro Pili definisce Unidos: Un movimento che sappia stare tra la gente, facendosi interprete delle esigenze della società civile, trasformando le idee in azione.
Il marchio UNIDOS proposto all'assemblea costituente dell'11 febbraio 2011 purtroppo non mantiene le promesse evocate dal nome.











UNIDOS infatti in sardo significa UNITI il marchio invece comunica tutt'altro.
Vediamo il perché andando ad analizzarne le caratteristiche.
Il marchio è troppo statico, comunica scarsa flessibilità, inquadramento rigido e... divisione. Tutto il contrario di quelle che sono le idee che hanno portato all'idea di UNIDOS.
La prima considerazione che possiamo fare è che non esiste coerenza tra il lettering, morbido e stondato e gli elementi grafici, angolari e rigidi.
Gli elementi grafici utilizzati sembrano separare invece di unire. Divisione palese nei due riquadri colorati e nei quattro mori.
I due riquadri, uno contenente gli elementi grafici e il nome UNIDOS in negativo e l'altro contenente la parola SARDEGNA sempre in negativo sono separati da uno spazio bianco. 
Il nome del movimento (UNIDOS) e la denominazione geografica (SARDEGNA), per rafforzare il concetto di unità, dovrebbero essere rappresentati senza divisioni. 
I veri problemi però sono racchiusi tutti nel riquadro superiore dove gli elementi grafici sono troppi e non posizionati correttamente all'interno dello spazio.
Il punto di maggior debolezza del marchio si trova nell'utilizzo improprio e un po' banale del simbolo della Sardegna. I quattro mori, inspiegabilmente colorati diversamente, sono separati dal marchio del Club delle Libertà. Da qui il corto circuito comunicativo tra il desiderio di unire che esplicita il nome del movimento con la divisione, anche fisica, che comunicano i mori separati tra loro.
Inoltre i mori così rappresentati ricordano troppo da vicino il marchio dell'emittente televisiva privata 5stelle.










Tra i mori è stato inserito il marchio del Club della Libertà. Marchio che già da solo presenta problemi di leggibilità nelle riduzioni... figurarsi se utilizzato, come nel nostro caso, all'interno di un altro marchio. La parola "libertà" presenta inoltre un errore di ortografia in quanto la lettera "A" non è accentata come previsto dalla grammatica italiana ma accompagnata da un apostrofo. Il fatto che graficamente sia più comodo sistemare l'accento sul lato della lettera non giustifica l'errore.
L'obiezione che UNIDOS è parte integrante del Club della Libertà non è una ragione sufficiente per dar vita a un marchio che appena nato già soffre di problemi di declinazione e riduzione.
Del tutto priva di significato e di utilità la barra rossa con effetto rilievo al di sopra della parola UNIDOS. Questa barra sopportando il peso ottico degli elementi posti al di sopra appesantisce ulteriormente il marchio schiacciando verso il basso la parola UNIDOS e trasmettendo una certa sofferenza. Già la sua eliminazione risolverebbe questo problema.
In sintesi un marchio da buttare? Direi di no, sarebbe da rivedere con un accurata operazione di restyling che parta proprio dal concetto di unità e lo rafforzi attraverso una corretta rappresentazione grafica.


mercoledì 16 febbraio 2011

Giurassic post

Nel precedente post si evidenziava l'incapacità di una classe politica di leggere il cambiamento avvenuto grazie al web nella società contemporanea. Incapacità dettata soprattutto dalla mancanza dei mezzi necessari per leggerli e dalla volontà di affrontarli, capirli e farli propri.

Il Senatore Antonello Cabras attraverso il suo sito web analizza le ragioni della sconfitta alle primarie del PD in Sardegna evidenziando inconsapevolmente queste mancanze.


In maniera indiretta possiamo accorgerci della scarsa conoscenza del linguaggio del web già dalla formattazione del testo. Il lettore si trova infatti ad affrontare un pacchetto di testo "giustificato" senza nessun a capo, capoverso o paragrafo che possa aiutarlo durante la lettura.














































Nel documento un passaggio ci interessa particolarmente, quello in cui il Senatore illustra la sua idea di comunicazione nel web 2.0 (cito testuale):

... nella medesima dimensione si ritrova tutta la porzione, sempre più rilevante, di quanti animano la rete*. In particolare questi cittadini di varia estrazione, età, genere, ceto sociale, non ama ingabbiarsi nei riti di assemblea, preferisce scegliere i propri interlocutori, seleziona con chi discutere e quando. In fondo è un modo per comunicare analogo ai video messaggi, scrivo quello che penso, mi confronto esclusivamente con quelli della mia community, i quali generalmente non sono lontani dal mio sentire. Si tratta di una modalità più comoda e meno fastidiosa di una banale riunione dove potresti sempre incontrare chi non ti garba.
*Una porzione che in Italia su Facebook conta 16.589.000 di utenti. Dati Sole 24 ore del 7 ottobre 2010. (Ndr)
Questo estratto evidenzia chiaramente la difficoltà nel descrivere un mondo che non si conosce a fondo. Il tutto ben raccontato, ben scritto ma lontano dalla realtà. 

Le ricerche dicono che buona parte degli utenti di Facebook è più interessata ad apparire membro di più gruppi possibili che a parteciparvi con dibattiti e opinioni, è quindi del tutto fuori luogo l'idea della community chiusa.

Il forum e i social network non sono dei ritrovi di spiriti affini ma luoghi di incontro e di scambio di opinioni, a volte frivole a volte serie, che coinvolgono persone che trovano molto più facile esprimere il proprio pensiero attraverso il web rispetto a un contesto in presenza dove la voce fuori dal coro è non solo cosa rara ma anche non gradita.

Il web invece è il luogo ideale per manifestare la propria opinione e i politici che si mettono in gioco sul web e sui social network si trovano a ribattere a domande cattive, faziose e tendenziose che mai potrebbero essere poste in un diverso contesto sociale.

Quindi non un sistema comodo e meno fastidioso ma bensì un contesto dove sicuramente e non probabilmente incontrerai "gente che non ti garba".

Esattamente il contrario di quanto affermato dal Senatore.

Ma è anche un'opportunità irrinuncialbile per poter spiegare, con argomentazioni coerenti alla domanda posta, le proprie ragioni magari convincendo e portando dalla propria parte chi prima ci era contro.
Nel web alla domanda posta bisogna rispondere sempre e in maniera puntuale. Non si può giocare al "politichese" eludendo la domanda, parlando d'altro o magnificando il proprio operato. Il gioco sarebbe subito scoperto e si perderebbe credibilità e quindi consenso.

Il web 2.0 privilegia il rapporto uno a uno e non uno molti, quindi è del tutto errata l'analogia con il video messaggio (anche se non riesco a capire come un video messaggio possa essere analogo a un forum o a una discussione su un social network).
Nel web la comunicazione è orizzontale e il politico è sullo stesso piano del suo interlocutore.

Un giovane può porre la sua domanda e aspettarsi una risposta eliminando ogni forma di soggezione o di timidezza.

Durante una riunione di partito, dove chi non ci garba spesso non è neppure ammesso, avete mai visto un ragazzino spaurito alzarsi in piedi e fare una domanda scomoda al politico che lo guarda severo dall'alto della sua carica istituzionale? Se lo avete visto allora vi trovate in rete, nel web 2.0.

giovedì 3 febbraio 2011

Topolini, dinosauri e comunicazione politica





Le recenti primarie del centrosinistra in Sardegna obbligano chi si occupa di comunicazione a una riflessione sul risultato scaturito dalle urne. Riflessione non di ordine politico ma comunicativo.
Le elezioni nella città di Cagliari hanno dichiarato vincitore, e quindi candidato alla poltrona di Sindaco, Massimo Zedda esponente di Sinistra Ecologia e Libertà (classe 1976). Risultato clamoroso dal momento che veniva data per scontata la vittoria a mani basse del candidato del Partito Democratico Antonello Cabras (classe 1949).

Quello che mi ha colpito maggiormente non è stato tanto la vittoria di Zedda, poi spiegheremo perché, ma l'atteggiamento degli sconfitti.
I dirigenti del partito incapaci di analizzare in maniera lucida la batosta subita, anche perché come vedremo non ne conoscono i mezzi, cercano di riversare il fallimento delle loro scelte sbagliate sui soliti elettori che, a quanto pare, hanno premiato con l'astensione i candidati meno validi! 

Un simile approccio dimostra l'inadeguatezza di una classe politica che non solo ha fatto il suo tempo ma è addirittura fuori dal tempo.

Il mondo è cambiato e chi non ha partecipato al cambiamento disconferma i nuovi linguaggi in quanto non li conosce e riconosce.

Oggi il mondo del marketing è orientato verso un approccio di incontro con il cliente che vuole avere un rapporto paritario con il prodotto-servizio proposto. Un approccio al marketing definito peer-to-peer. Chi vende deve privilegiare l'ascolto. Ma l'ascolto deve essere inserito in un contesto di comunicazione che suggerisca emozioni, favorisca la formazione spontanea di gruppi e che dia informazioni che possano essere condivise. Il cliente diventa quindi il primo veicolo pubblicitario per quel determinato prodotto o servizio.
Lo stesso processo deve avvenire nella comunicazione politica, la gente è stufa di ascoltare promesse o di venire vessata dai soliti amici che ci chiedono gentilmente di votare il loro candidato puntualmente persona "onesta e rispettabilissima".

Le persone oggi vogliono fare domande ben precise e pretendono risposte coerenti e immediate. La morte (da un punto di vista della comunicazione non dell'Auditel) delle trasmissioni televisive dedicate al dibattito politico (che non c'è infatti si privilegia lo scontro) è dovuta proprio alla mancanza di risposte coerenti. Si chiede al politico come mai il Governo ha optato tale legge e il politico risponderà che il Governo ha fatto molto per il paese. Insomma mai nessuna risposta puntando su una manifesto uso della discomunicazione. Trucchi appresi dai politici stessi nei corsi che intraprendono proprio allo scopo di deviare le domande più imbarazzanti. Naturalmente c'è chi lo fa meglio e chi invece è più sprovveduto.

Per chi ha voglia di capire meglio questo passaggio consiglio la visione di questo video su You Tube. Vittoria Brambilla sbugiardata in diretta su dati fasulli da lei proposti circa la disoccupazione in Sardegna devia l'argomento parlando del problema (!) cani randagi in Sardegna (vedi minuto 1'.04"). Uso evidente e goffo della fallacia del manichino ossia evitare una domanda a cui non si vuole o non si sa rispondere parlando d'altro.



La vittoria di Massimo Zedda non è dettata dall'astensionismo, i suoi elettori infatti sono andati alle urne. Gli sconfitti dovrebbero chiedersi come mai i loro sostenitori, se ci sono, non hanno votato.
La vittoria è nata, oltre che dall'attività politica di Massimo Zedda, anche da una buona campagna di comunicazione. 
Le linee principali si sono espresse attraverso la definizione dell'idea comunicativa poi declinata attraverso i media tradizionali, Facebook e il sito web.























Facebook
Ormai anche i muri sanno che il social network Facebook è un potente strumento di condivisione e di aggregazione. Naturalmente deve essere gestito e seguito da professionisti e non dal solito amico smanettone.
Su Facebook un errore si paga con la cancellazione definitiva dai contatti e con la perdita immediata di consenso. Massimo Zedda oggi (3 febbraio 2011) ha su Facebook 3.139 amici, alle primarie si è imposto con 2.600 voti.
Molti politici non sanno neppure come si usa un social network. Antonello Cabras non ha un profilo su Facebook chiudendo quindi le porte a una grossa fascia di elettorato che ogni giorno agisce direttamente sul portale.
Inoltre Facebook esplicita il discorso fatto precedentemente a proposito del marketing, privilegia l'ascolto e premette risposte ponderate e non emozionali.
Mi scrivono, penso, elaboro e in ogni caso rispondo.



























Sito web
Il sito web di Massimo Zedda è gestito da professionisti ed è fatto veramente bene, comunica le informazioni essenziali e non veicola contenuti inutili.

Aprendo il sito www.massimozedda.it in maniera immediata possiamo:
1) Leggere il ringraziamento agli elettori (sembra scontato ma non tutti lo fanno).
2) Farci una rapida idea del programma grazie alle immagini e gli slogan a rotazione.
3) Navigare facilmente grazie ai menù chiari ed essenziali.
4) Conoscere la campagna elettorale riassunta nella parte inferiore del sito e divisa per argomenti con materiali promozionali da scaricare e da condividere.




























Il sito web di Antonello Cabras non è gestito da professionisti della comunicazione. L'impostazione grafica è stanca, banale, di una tristezza infinita.
La pagina non comunica nulla di interessante o di coinvolgente. A oggi l'ultimo aggiornamento è del 25 gennaio. Non una parola sulle elezioni, nemmeno un ringraziamento a coloro che comunque gli hanno accordato la preferenza. 

Collegandoci al sito www.antonellocabras.it in maniera immediata apprendiamo:
1) Che non attribuisce valore al web, è quindi "fuori dal tempo".
2) Che non ha un programma politico da evidenziare.
3) Che ha pochi sostenitori (la sezione "le vostre idee" è desolatamente vuota).
4) Che non ha materiali promozionali propri. Gli unici file scaricabili rimandano al sito del PD.
Risulta chiaro che Antonello Cabras ha impostato la propria azione di comunicazione elettorale unicamente facendo leva sul proprio prestigio personale. Ma, come le primarie hanno ribadito, nel mondo del web 2.0 questo approccio non è sufficiente.


Campagna elettorale
Per quanto riguarda la campagna elettorale, non avendo visto nulla che riguardi Antonello Cabras mi limiterò all'analisi dei materiali proposti da Massimo Zedda.
La campagna è ispirata, da un punto di vista grafico e coerentemente a quella del partito di appartenza, a quella di Sinistra Ecologia e libertà.

























Qui l'immagine di Massimo Zedda mostra le prime crepe.
Foto del candidato: L'immagine è priva di contrasto e di forza espressiva. Il soggetto non guarda direttamente in camera (e quindi negli occhi gli elettori), sembra distratto e poco interessato a supportare con forza lo slogan proposto.
Anche il taglio sembra indicare una persona che si nasconde o comunque poco sicura delle proprie scelte.

Trovo invece brutti sia lo slogan ora tocca a chi ha più energie sia il payoff ora tocca a noi con Massimo Zedda.
A parte gli evidenti assist a battute a doppio senso è proprio la costruzione della frase a essere debole. In particolare, in un contesto sardo, la parola tocca è particolarmente sgradevole in quanto usata come intercalare dialettale.

L'idea dell'uomo nuovo e delle nuove energie è molto buona ed accattivante, lo sviluppo dell'idea è risultato però poco incisivo se non addirittura fastidioso.

























Dello stesso tenore le declinazioni della campagna con il programma di governo. Gli argomenti sono sempre i soliti e vengono proposti in maniera abbastanza banale "più case", "più lavoro", "più università"... senza un approfondimento semantico che risulti più interessante ed emozionale. L'impostazione grafica è invece efficace.

Concludendo si può affermare che a fronte di argomentazioni non proprio convincenti l'uso dei nuovi media è vincente e potremmo dar ragione a McLuhan quando affermava che il mezzo è il messaggio

Per quanto riguarda gli sconfitti li invito, se mai leggeranno queste righe, a riflettere sul fatto che anche l'assenza della comunicazione è a sua volta comunicazione i cui effetti, prevedibili, sono riassunti in una sola parola: nulla.